Medium e channeler quando la spiritualità è Amore.

Per definizione, il medium è l’intermediario tra il mondo invisibile e il nostro piano fisico. Le modalità di manifestazione degli spiriti sono molteplici e corrispondono alle diverse sensibilità che variano da un medium all’altro.

Distinguiamo tre categorie principali nella medianità: medianità intuitive, automatismi e medianità che coinvolgono il fenomeno di trance. 

Le medianità intuitive sono quelle che si basano sulle percezioni dell’aldilà, che il medium deve ritradurre il più fedelmente possibile. In questa categoria dobbiamo distinguere diversi possibili livelli di percezione. 

Se è chiaroveggenza, il medium esprime nella sua lingua l’idea che gli è passata per la mente.  Nell’arte medianica (pittura, scultura, poesia, musica), il medium dà forma all’idea, con i propri mezzi, che possono dar luogo a qualche grossolanità, a seconda della sua sensibilità artistica e della sua capacità di ripristinare adeguatamente l’idea percepita.  In questa fase, il medium conosce spesso la difficoltà di saper distinguere tra una percezione reale e la propria immaginazione.

Man mano che lo sviluppo medianico progredisce, le idee trasmesse dall’aldilà diventeranno sempre più chiare e precise.  Nella chiaroveggenza, ad esempio, l’idea sarà soppiantata da immagini o cliché, parole poi frasi sentite internamente.  Nella pittura medianica, il medium avrà la visione dell’opera che dovrà riprodurre.  Così, la cosiddetta medianità intuitiva passa in maniera apprezzabile dallo stadio dell’idea mal definita allo stadio di percezioni più precise che si impongono al medium sotto forma di immagini, frasi o impressioni sufficientemente forti che diventano certezze.

Nel corso dello sviluppo, la medianità può rimanere allo stadio intuitivo o spostarsi progressivamente verso lo stadio dell’automatismo della mano.  Abbiamo l’esempio della scrittura semiautomatica che può diventare scrittura automatica.

Molto spesso, all’inizio del lavoro sperimentale, il medium percepisce un’idea che deve trascrivere per iscritto con il proprio vocabolario.  Quindi, percepisce più chiaramente le parole, poi le frasi, che trascrive di nuovo.  E nella fase successiva, se la sua sensibilità lo consente, percepisce le parole nello stesso momento in cui le scrive.  E potrebbe anche in una fase successiva non percepire più chiaramente le idee e le parole.  Si trova quindi in un secondo stato più profondo, la sua mano è presa dalla volontà dello spirito che si manifesta, il medium non è più padrone della sua mano, il gesto diventa veloce, a scatti, la scrittura è quindi molto veloce, con il piccolo svantaggio che diventa più difficile da decifrare.  Siamo poi passati dalla fase della scrittura semiautomatica a quella del puro automatismo, per poi arrivare all’Oui-ja. Una tavola ricoperta di feltro, su cui sono state incollate le lettere dell’alfabeto in un arco. Vengono disposte anche le cifre da zero a nove. Il medium utilizza una tavola che si adatta alla forma della mano e sotto la quale abbiamo piantato chiodi da tappezzeria, per una buona scorrevolezza ed evitare il rumore dell’attrito. l medium mette la mano sulla lavagna e si raccoglie con i partecipanti.  La sua mano guidata dalla mente dirige rapidamente e automaticamente l’oui-ja alle lettere e ai numeri che formeranno un messaggio.  L’assistenza di un lettore e di un trascrittore è essenziale: in questa forma di dettatura lettera per lettera, il medium non percepisce il contenuto del messaggio.

La chiaroveggenza è una percezione extrasensoriale che collega il soggetto chiaroveggente con una persona, una situazione o un evento.  È una relazione telepatica tra il chiaroveggente e l’oggetto della sua percezione.  Nello stesso ordine di facoltà, dobbiamo includere la chiaroudienza e la psicometria (percezione dal supporto di un oggetto).  Questa sensibilità può anche essere qualificata come medianica quando il soggetto entra in contatto, non più con una situazione umana o umana, ma con entità disincarnate.

La terza categoria di fenomeni che corrisponde alla trance medianica è totalmente distinta dall’intuitivo o dall’automatico.  Lo spirito impone la sua presenza in un modo più fisico, utilizzando il corpo del medium.  Vengono di nuovo evidenziate diverse fasi: la mente può influenzare il medium circondandolo con i suoi fluidi, inducendolo in un secondo stato.  Lo spirito annienta la volontà del medium, lo avvolge nel suo fluido e lo guida utilizzando tutto o parte del corpo, con gesti o parole.  La fase successiva è quella dell’incorporazione: a seguito di un fenomeno di trance, lo spirito del medium accompagnato dal suo perispirito viene esteriorizzato dal corpo.  Lo spirito disincarnato integra quindi il corpo del medium, è incorporato secondo il termine.  Ha quindi tutte le possibilità di muoversi e di esprimersi verbalmente.

La medianità è una sensibilità esacerbata che presta a certe persone la facoltà di essere un intermediario con gli spiriti dell’aldilà.  Questa sensibilità non si improvvisa e non è trasferibile.

In generale, qualsiasi forma di medianità richiede uno sviluppo sperimentale prima di essere operativa.  Questo sviluppo sarà più o meno lungo, variando da pochi mesi ad alcuni anni, a seconda della sensibilità e delle influenze subcoscienti specifiche del mezzo.  Accade molto spesso che i primi risultati siano solo il riflesso del pensiero del medium stesso.  Ed è attraverso il lavoro regolare che queste influenze personali alla fine scompaiono a favore della vera manifestazione degli spiriti.

La medianità dovrebbe essere esercitata in un gruppo in un’atmosfera di meditazione, con partecipanti consapevoli e competenti, in grado di supportare adeguatamente il medium nel suo sviluppo.

Altri tipi di medianità, Sonno e sogno, l’Ectoplasmia e l’Xenoglossia.

Sonno e sogno: la canalizzazione avviene durante il sonno e il canalizzatore richiama le informazioni

L’Xenoglossia fu coniato da Charles Richet (1850-1935) che qualificava una medianità mediante la quale i medium parlano o scrivono in lingue straniere sconosciute a se stessi e ai partecipanti alla sessione. 

L’ectoplasma è una sostanza biancastra che si esternalizza dal mezzo sotto l’impulso dello spirito che si manifesta.  Questa sostanza, creata dalle cellule fisiche del mezzo, si esternalizza attraverso la bocca, il naso a livello del plesso solare.  Quindi assume varie forme, mani, volti o talvolta interi corpi.  La mente fa vibrare la sostanza ectoplasmatica per darle forma umana.  È così che gli spiriti sono stati in grado di materializzarsi, parzialmente o interamente, davanti a un pubblico spiritualista.

Questo fenomeno è stato studiato alla fine del XIX e all’inizio del XX secolo dal mondo scientifico, con personaggi come Gustave Geley, William Crookes, Charles Richet, Gabriel Delanne e molti altri.

Le Arti medianiche, ossia le opere prodotte in medianità, non sono il frutto della fantasia, ma il risultato della volontà di artisti, diventati invisibili, di comunicare con noi, tramite i medium.  Il loro desiderio di esprimere il loro pensiero creativo agli uomini continua.  Musica, pittura, scultura, poesia, letteratura, tutte le forme di espressione umana sono usate dagli spiriti dell’aldilà.  L’arte medianica è la traduzione del loro amore per gli uomini e la prova della sopravvivenza dell’anima dopo la morte.

Gli artisti non sono morti, sono lì, presenti intorno a noi, continuano a creare per raggiungere la nostra coscienza.  L’artista disincarnato pensa, immagina la forma, compone, crea emozione; il medium lo riceve telepaticamente. L’arte medianica è un messaggio per l’umanità, la traduzione diretta dell’espressione spirituale.  Deve essere riconosciuto come tale. 

“Se l’emozione non esistesse, l’arte non esisterebbe, lo spirito non esisterebbe, Dio non esisterebbe”.  Pablo Picasso.

La mia medianità è del tipo intuitiva, che si basa sulle percezioni degli altri piani. Sono un channeler. 

Il medium contatta solo entità dei trapassati, nei vari modi anzidetti, mentre il channeler -oltre a contattare le entità – si mette in contatto con il proprio IO superiore, così da poter contattare il proprio “spirito guida”, entità di luce evoluta che si mette al servizio dell’umanità. Ognuno di noi ha uno spirito guida che ci indica la strada da seguire e le scelte migliori da prendere. La pratica della canalizzazione (channeling) esiste da millenni. I canalizzatori (channeler), a volte noti anche come medium psichici, usano spesso quelli che vengono chiamati “spiriti guida”, spiriti amichevoli che danno loro la conoscenza e li aiutano nei loro viaggi spirituali.

La canalizzazione è un potente mezzo di sviluppo spirituale e trasformazione cosciente. Mentre canalizzi costruisci un ponte verso i regni superiori – un’amorevole coscienza superiore collettiva premurosa e intenzionale che è stata chiamata Dio, il Tutto, Mente Universale, Energia prima etc. La canalizzazione implica lo spostamento cosciente della mente e dello spazio mentale per raggiungere uno stato di coscienza espanso.

Per raggiungere questo stato di coscienza espanso, i canalizzatori di solito meditano, cercando di liberarsi dalle influenze mondane e sintonizzarsi su una coscienza superiore. Possono immaginarsi alla ricerca di spiriti specifici dei morti, oppure possono essere contattati, apparentemente spontanei, da una forza sconosciuta che desidera comunicare. 

Lo sviluppo di una medianità è un impegno complesso che porta molti apprendisti verso insidie ​​disastrose. Il più delle volte, chiunque si azzardi a comunicare con l’aldilà cade vittima delle prime influenze del proprio subconscio; questa è praticamente una regola generale.  Non si può pretendere di sviluppare una sensibilità medianica senza conoscere bene il soggetto spiritualista. Tutte le conquiste ottenute dai pionieri dello spiritualismo meritano di essere studiate, grazie alla lettura delle loro numerose opere.

L’aldilà che ci circonda è solo un riflesso della nostra umanità terrena, in altre parole, non tutti gli spiriti del defunto hanno buone intenzioni. 

Una persona che ha potenzialità medianiche e fa esperienza corre quindi il rischio di trovarsi un giorno o l’altro in presenza di uno spirito pericoloso, che nel tempo può diventare uno spirito ossessivo.  Possono derivarne gravi disturbi mentali, che a volte sono simili a determinate patologie psichiatriche.

Concludo con una riflessione pesonale.

Non stabiliamo una scala di valori tra tutte queste forme di medianità, perché qualsiasi modalità di comunicazione, se correttamente sviluppata e praticata, consente agli spiriti di esprimersi e di portare informazioni.  Se queste informazioni sono trasmesse telepaticamente, per iscritto o verbalmente, non ha molta importanza.  

Va semplicemente notato che alcune menti usano una modalità più prontamente di un’altra: un’espressione artistica passerà attraverso un medium artistico, la cura di un medium guidato nella terapia, uno scopo generale scrivendo o parlando.  

A questo proposito, la diversità delle medianità è un vantaggio, che consente agli spiriti di utilizzare tutti i modi di espressione che sono i nostri, la parola, la scrittura, il disegno, la pittura e la scultura. 

Distacco, un’esperienza d’intensa felicità

Per diversi millenni, il fenomeno del distacco spirituale è stato frainteso e male interpretato. Questo falso apprezzamento della dimensione spirituale del distacco ha rallentato lo sviluppo spirituale di moltissime persone.

Il distacco non è certamente un raffreddamento del cuore, né un’insensibilità verso gli altri o verso se stessi. Il distacco non viene misurato da una facoltà che ci renderebbe insensibili a questo o quel dolore fisico. Il distacco non è un rifiuto calcolato di tutto ciò che appartiene alla materia, alla superficialità, al livello grossolano, al corpo e ai sensi; oppure ci isoliamo, ci chiudiamo in certi luoghi appartati, come eremi, monasteri o grotte isolate dalle città e dal rumore.

Il distacco non è una misura della nostra altruismo, né il risultato di un esaurimento così completo che una persona non sente più nulla. L’esperienza del distacco non è qualcosa che si può sperare di sviluppare dalla superficie dei comportamenti. Pertanto, qualcuno potrebbe sforzarsi, per diversi secoli, di vivere distaccato dalle cose materiali, dagli eventi quotidiani, dai suoi modi di pensare e dai piaceri sensoriali, per non riuscire mai.

Qualsiasi tentativo di sperimentare uno stato di distacco da una comprensione intellettuale della natura di questo stato, sarà per sempre impotente per raggiungere l’obiettivo previsto. Coloro che cercano di sperimentare il distacco spesso diventano indifferenti agli altri o severi e rigidi nel loro comportamento. Una mancanza di amore si assesta gradualmente nella loro vita, ma a volte ignorano persino che il loro cuore è freddo e distante, perché diventano così insensibili a se stessi. Non conoscono il naturale stato di distacco che deriva dalla visione di Atma. Con la crescente esperienza dell’anima, il vero significato del distacco spirituale ora appare chiaramente nella nostra mente.

Il vero distacco viene dall’esperienza d’intensa felicità. In realtà, non può provenire da nient’altro che la felicità infinita dell’Atma. Oppure, se si dovesse dire la stessa cosa, ma in altre parole, si potrebbe dire che il vero distacco proviene dall’esperienza della pura coscienza, della coscienza infinita, nel Sé profondo. Il vero distacco spirituale avviene nello stesso momento in cui avviene la completa apertura del cuore, nello stesso momento in cui arriva la capacità di donarsi, mentre la felicità diventa infinita. Solo chi è contento, in pace e felice, può dire di essere distaccato da tutte le cose.

Ma questo stato di distacco non può realmente verificarsi fino a quando la percezione dell’anima non viene resa permanente. Solo la pura coscienza contiene in sé questo valore di infinito, che fornisce all’improvviso tutte le qualità che fanno sì che il distacco raggiunga la sua perfezione. Chiunque sia “felice” e provi un senso di superiorità su coloro che soffrono, non saprebbe quale sia il vero distacco! Il distacco perfetto può avvenire solo quando il sistema nervoso è purificato da tutte le sue tensioni da una pratica regolare di meditazione, fatta per diversi anni. La pura coscienza quindi testimonia tutto ciò che viene sperimentato, dal suo stato infinito. In questo sta il vero distacco. Solo chi ha un tesoro inesauribile può essere distaccato dallo sforzo per ottenere un certo guadagno. Solo chi non ha nulla non può perdere nulla. Solo chi conosce l’Atma può essere distaccato dalla felicità e anche dalla sofferenza. Altrimenti, questa persona fatica a respingere la sofferenza tanto quanto lotta per ottenere la felicità. Non è quindi distaccato da nessuno dei due.

Poiché gli umani hanno ignorato la vera fonte di distacco, si sono accontentati per generazioni di imitare il comportamento distaccato di saggi e santi. Per questo motivo, il percorso dello sviluppo spirituale è stato ulteriormente distorto. Piuttosto, avremmo dovuto cercare di comprendere lo stato dell’uomo illuminato e di sviluppare lo stato di coscienza che produce questo stato di distacco naturale e armonioso.

Ciò che è affascinante, ancora una volta, è che l’esperienza del profondo silenzio della pura coscienza unisce in modo perfettamente armonioso qualità che, apparentemente, sembrano spesso opposte, come il distacco e l’impegno, distacco e compassione, distacco e amore … L’esperienza della Meditazione Trascendentale soddisfa il nostro desiderio naturale di essere distaccati da tutto, quindi perfettamente liberi, e “attaccati” allo stesso tempo, quindi totalmente sensibili e amorevoli verso tutti .

Il percorso della saggezza? speculazione atavica.

Lungo il percorso dell’autoconoscenza vi sono aspetti da esaminare nella complessa relazione tra teoria e pratica. L’autoconoscenza, o conoscenza di sé, è la base della via all’autorealizzazione. È un processo riflessivo attraverso cui ci conosciamo nel tempo e che ci permette di essere consapevoli della nostra gamma intrinseca di difetti, virtù e tutte le altre qualità presenti tra ciascuno di questi due estremi.

Dobbiamo indagare, ad esempio, su ciò che è illusorio – dal punto di vista della filosofia esoterica – in questo ragionamento ripetuto automaticamente da migliaia e migliaia di persone: “La teoria che dovremmo vivere con calma e saggezza, evitando lo stress, può essere molto bella. Ma in pratica non è così che funziona la vita. Dobbiamo davvero fare quarantacinque cose contemporaneamente e non c’è modo di evitare l’ansia o l’agitazione. “

Cosa c’è di sbagliato in questo approccio al problema della “vita semplice”? Le illusioni possono essere organizzate in tre punti principali.

Innanzitutto, l’idea sblocca la teoria dalla pratica.

La disconnessione tra teoria e pratica, descrivendo la teoria come “qualcosa di bello ma senza uso pratico”, prima o poi porta all’ipocrisia. Solo per questo motivo, l’approccio non poteva più essere accettato, perché in questo caso la cosiddetta “teoria” non è altro che una bugia progettata per ingannare se stessi o gli altri.  

In secondo luogo, l’idea esprime l’abbandono implicito anche dell’intenzione di cercare di essere coerente. La persona si auto-giustifica in anticipo e rinuncia completamente all’idea di vivere la saggezza nella sua vita pratica. In questo caso, deve essere almeno abbastanza onesto abbandonare anche la teoria, evitando di scivolare nell’abisso etico della menzogna sulle questioni spirituali.

In terzo luogo, l’affermazione secondo cui “in pratica, la teoria che propone una vita calma dovrebbe essere vista come qualcosa di puramente decorativo” semplicemente non corrisponde alla realtà più elementare dei fatti. Questa visione superficiale ignora la realtà che la pratica della calma e della saggezza è stata esercitata da quando l’umanità esiste – e anche oggi – da milioni di persone che sono state o sono impegnate, formalmente o informalmente, consciamente o inconsciamente, al centro pace nelle proprie coscienze.

La pace e la calma sono soprattutto interiori e non negano il movimento esterno proprio di tutto ciò che vive. 

È ben nota e documentata la testimonianza di migliaia di saggi e apprendisti di saggezza universale, nelle religioni più diverse, da almeno 3.000 anni fa.

Queste testimonianze di vita mostrano che è perfettamente possibile vivere una vita basata sulla semplicità, non sulla complicazione. Milioni di cittadini stanno seguendo questo percorso pratico oggi, entro le loro possibilità e limiti.

Dobbiamo tener conto, allo stesso tempo, che non esiste una divisione semplice e definitiva tra “coloro che vivono l’insegnamento” e “coloro che non vivono l’insegnamento”.

La distinzione da fare è più complessa e più dinamica. Esiste tuttavia una divisione tra coloro che “si sforzano di vivere sempre più l’insegnamento, gradualmente e all’interno della loro realtà”, e quelli che “creano scuse per giustificare il fatto che non si sforzano di vivere sempre di più. insegnamento, nemmeno nei suoi mezzi ”.

Non importa, quindi, se la persona vive l’insegnamento a lungo o breve.

È importante – e questo è significativo per se stesso, non tanto per gli altri – se la capacità della persona di sperimentare l’insegnamento è in aumento o in diminuzione.

Sarebbe perfettamente corretto, quindi, dire:

“La teoria che dovrei vivere con calma e saggezza è bella e stimolante: tuttavia, in pratica, non riesco ancora ad applicarla quanto vorrei.”

E tutti dobbiamo fare questa stessa onesta ammissione, senza dubbio, ponendoci davanti l’ideale della perfezione umana insegnata dalla filosofia e dalla teosofia.

Come chiarisce Helena Blavatsky nel suo libro “La chiave della teosofia”, è vero che molti teosofi hanno difficoltà a sperimentare l’insegnamento, ma questa è una limitazione di loro e non dell’insegnamento. Gli studenti devono maturare abbastanza per capire l’importanza dell’insegnamento. La filosofia esoterica non può essere definita come falsa o semplicemente “speculativa”, solo perché tale o quali persone non sono ancora all’altezza.

La verità è che, in ogni momento, molte persone hanno sperimentato una saggezza segreta e universale. E ognuno di noi può viverlo nei suoi mezzi.

In definitiva, possiamo onestamente ammettere che, come pensiamo, noi, individualmente, nel nostro stadio attuale, non possiamo vivere questo o quell’aspetto della saggezza. Per questo, tuttavia, non è necessario definire la saggezza come qualcosa di falso e senza motivo di esistere, affermando che “in pratica non può essere sperimentato”.

Se oggi non possiamo sperimentare pienamente la saggezza, questo è umano. Ammettere il fatto è onesto. Ma la limitazione è solo individuale e non collettiva. In futuro, supereremo questo ostacolo. E anche oggi è possibile vedere altre persone che trovano facile e naturale vivere la calma e la pace della saggezza e imparare da loro.

Qualunque sia il nostro stadio di evoluzione, se esaminiamo lo strano ” senso di impossibilità ” che abbiamo all’idea di raggiungere e praticare determinati livelli di insegnamento sacro che abbiamo già distinto e compreso, ma che sembrano ancora fuori dalla nostra portata, potremmo vedere che tale sentimento sarà facilmente rimosso, il giorno in cui approfondiremo il nostro contatto diretto con il potenziale illimitato che è dentro di noi.

L’apprendimento sta superando i limiti. Gli studenti di teosofia o filosofia non dovrebbero dimenticarlo. A medio e lungo termine, i “limiti” e le “impossibilità” di apprendimento si rivelano solo creazioni illusorie di ignoranza accumulata, qualcosa che stiamo imparando a rimuovere gradualmente dal nostro essere interiore.

La Caduta degli Angeli (leggendo Alice Bailey)

Il mistero della discesa o della “caduta” sulla Terra degli angeli ribelli – gli angeli solari o agnishvatta – si dice che sia il mistero accennato nelle Scritture e “il segreto dei secoli” (Esoteric Psychology II , p. 93). Quindi non sorprende che ci sia tanta confusione e incomprensione riguardo agli “angeli caduti” di cui Lucifero è il rappresentante più noto.

Il segreto degli “angeli caduti” è essenzialmente il mistero che sta dietro il Piano stesso dell’evoluzione, per la volontà degli angeli solari di “cadere”, di sacrificarsi per portare la luce del principio della mente a ciò che era allora l’uomo animale, segnò l’entrata in azione della grande Legge della dualità con la quale materia, forma – negativa e passiva – potevano essere accelerate dallo spirito. 

Questo atto di sacrificio all’alba della storia umana è un filo intrecciato attraverso le grandi scritture e le mitologie del mondo, incluso il mito di Prometeo che rubò il fuoco (mente) per l’uomo e la storia biblica del Figlio Prodigo, che lasciò il La casa del padre per intraprendere il percorso dell’esperienza nella vita della forma e dei sensi – il viaggio verso “il paese lontano”.

Il ruolo degli angeli solari e il loro sacrificio per conto dell’umanità sono discussi a lungo in The Secret Doctrine di HP Blavatsky. In effetti, nel 1887 la rivista della Società Teosofica prese “Lucifero” come il suo nome nel tentativo di portare chiarezza a quello che considerava un angelo sacrificante ingiustamente diffamato.

Il nome “Lucifero” deriva dalle parole latine, Lux o Lucis (luce) e ferre (portare); quindi Lucifero significa letteralmente “portatore di luce”. È collegato al pianeta Venere in Apocalisse XXII: 16 quando Cristo dice “Io sono la luminosa stella del mattino”, che è Venere, annunciando l’arrivo alla piena luce del Sole: il Figlio, il Cristo. È interessante notare che il ruolo di “portatore di luce” è collegato a Mercurio, o Hermes, il messaggero divino per gli dei nella mitologia greca e romana. 

Nel cristianesimo la funzione di Mercurio è servita da San Michele, “l’angelo custode” di Cristo, secondo San Tommaso. 

L’interrelazione esoterica di questo angelo custode e di Cristo è ulteriormente illuminata nella dichiarazione della maestra tibetana con la quale Alice Bailey ha collaborato alla stesura di una serie di libri sulla saggezza senza età, secondo cui “Mercurio e sole sono una cosa sola”.

Esotericamente, il ruolo dell’Angelo Custode fu reso possibile dal sacrificio degli angeli solari nella loro conservazione del principio della mente o, occultamente, dal fuoco, attraverso incarnazioni ripetute persistenti nella forma fino a quando l’uomo animale divenne uomo pensante e, infine, iniziò a risvegliarsi alla sua vera eredità spirituale: uomo/uomo divino. Così l’angelo solare crea la forma per il principio dell’anima incarnata – il corpo causale – e ritira anche quel corpo alla quarta iniziazione, quando il legame tra forma e spirito è stato permanentemente fuso e il corpo causale è infranto.

La nozione di “angelo ribelle” sembra risalire al poeta John Milton in Paradise Lost , che sembrava ancorare nella coscienza umana l’idea della discesa degli angeli solari come un atto di ribellione e quindi una caduta dalla grazia. (“Regnare vale l’ambizione, anche se all’Inferno: Meglio regnare all’inferno che servire in Paradiso.”) Tuttavia questo spirito di ribellione e il conseguente dolore non si trovano su Venere, ci viene detto dal Tibetano. Lo spirito ribelle sembra riposare esattamente sulla Terra, poiché il tibetano suggerisce che questo spirito di ribellione ha qualificato l’atteggiamento del nostro Logos planetario stesso, il “Divino Ribelle”. Il tibetano cita il vecchio commentario:

Entrò nella vita e sapeva che era la morte.

Prese una forma e si rattristò per trovarla buia.

Si allontanò dal luogo segreto e cercò il posto di luce, e la luce rivelò tutto ciò che cercava di meno. Desiderava il permesso di tornare.

Cercò il trono in alto e Colui che vi si sedette sopra.

Ha detto “Non ho cercato questo. Ho cercato la pace, la luce, lo scopo di servire, per dimostrare il mio amore e per rivelare il mio potere. La luce non esiste. La pace non si trova. Lasciami tornare.

Ma colui che sedeva sul trono non girava la testa. Non sembrava nemmeno ascoltare né ascoltare. Ma dalla sfera inferiore delle tenebre e del dolore emerse una voce e gridò: “Soffriamo qui. Cerchiamo la luce. Abbiamo bisogno della gloria di un Dio entrante. [Non riesco a trovare altre parole tranne queste ultime due per esprimere il antico simbolo da cui sto traducendo.] Sollevaci in Cielo. Entra, 0 Signore, la tomba. Sollevaci nella luce e fai il sacrificio. Abbatti per noi il muro della prigione ed entra nel dolore.

Il signore della vita è tornato. Non gli piaceva, e quindi il dolore.

Esoteric Psychology II , p. 98)

Eppure il peccato e il male esistono sulla Terra. Il tibetano ci dice che l’unico vero male è il peccato del separatismo. E in questo senso acquisiamo una certa comprensione di come Lucifero si è identificato con il male, poiché la mente che si sveglia che caratterizza lo stadio dell’umanità avanzata oggi è, come sappiamo fin troppo bene, i nostri mezzi sia di liberazione che di ulteriore separazione e prigionia. La mente, funzionante e potente ma priva di anima, può essere il grande fattore cristallizzante che costruisce potenti barriere di separazione. “La mente è la cacciatrice del Reale. Uccidi la cacciatrice”, al discepolo viene comandato. In questo senso la mente nel suo elemento concreto e analitico diventa il rifugio (e la prigione non riconosciuta) dell’ideologo,

Ulteriori chiarimenti sul ruolo degli angeli solari si trovano in una considerazione del quarto Raggio di Armonia attraverso Conflitto e del quinto Raggio di Conoscenza e dei pianeti Mercurio e Venere, attraverso i quali rispettivamente incanalano le loro energie. Perché Mercurio è il “Messaggero degli dei” e il quarto raggio è il principio fluido che collega il Piano e lo Scopo della divinità, noto a livello di buddhi o intuizione, che è governato da Mercurio, con la mente o il manas, governato da Venere e il quinto raggio. “Venere era il custode di quello che chiamiamo il principio della Mente e lo ha portato come puro dono all’umanità embrionale”, ci viene detto in I Raggi e le Iniziazioni. O come diceva il Buddha, “L’amore è la liberazione della mente”. E il quinto raggio, incanalato da Venere e dall’espressione mentale, “opera in connessione con la Legge delle Scissioni”, ed “è anche responsabile della rapida formazione di grandi ideologie condizionanti” (Ibid., P. 602). In questo ci viene ricordato che gli angeli solari che hanno scelto di scendere sulla Terra si sono sottomessi alla Legge della dualità in modo che l’evoluzione dell’essere umano potesse dipendere dallo sviluppo della discriminazione mentale e del libero arbitrio, e quindi dalla capacità di fare delle scelte e scegliere il modo più alto. C’è sempre una scelta di due percorsi, ed è una scelta che, per l’essere umano, deve essere guidata dal libero arbitrio.

La sostanza del piano mentale è di quinto raggio, incanalata attraverso Venere, e poiché il regno degli angeli lavora con la sostanza – con l’aspetto della forma – così gli angeli solari hanno portato la sostanza della mentalità all’uomo stabilendo il legame del corpo causale dell’anima sul piano mentale: un legame conservato fino alla quarta iniziazione che spezza la forma non più necessaria del corpo causale. Qualche idea sulla grandezza di questo atto degli angeli solari è suggerita nella realizzazione che il quinto Raggio della Conoscenza “è l’energia che ammette l’umanità (e in particolare il discepolo addestrato o iniziato) nei misteri della Mente di Dio stesso. è la chiave “sostanziale” della Mente Universale ” (Ibid., p. 591).

Inoltre, si dice che il collegamento del quinto Raggio di Conoscenza e del secondo Raggio di Amore-Saggezza sia estremamente stretto, perché il secondo raggio governa questo sistema solare attuale e nel sacrificio degli angeli solari “Portatori di Luce” per conto di uomo animale, l’aspetto della saggezza di secondo raggio fu risvegliato, poiché “la saggezza è conoscenza acquisita dall’esperienza [il viaggio del Figlio prodigo] e attuata dall’amore”. Quindi la discesa degli angeli solari nella sostanza ha portato l’eredità dell’esperienza allo sviluppo del Piano divino.

Quindi, tornando alla storia del Figliol Prodigo, per comprendere le implicazioni più profonde dell’esperienza del Figliol Prodigo, è importante notare che, al suo ritorno alla casa del Padre, il Padre si precipitò gioiosamente fuori per abbracciarlo, lasciando il figlio maggiore che era rimasto a casa geloso e poco apprezzato. Che un tale viaggio in “un paese lontano” faccia parte del Piano di Dio sembra essere verificato dal seguente passaggio dal Tibetano:

Questo bisogno di sacrificio, 

di rinunciare a questo per quello, di scegliere un modo o una linea di condotta e quindi sacrificare un altro modo, per perdere al fine di guadagnare –

questa è la storia evolutiva sottostante. 

Questo ha bisogno di comprensione psicologica. 

È un principio di governo della vita stessa e corre come un modello dorato di bellezza attraverso i materiali oscuri di cui è costruita la storia umana.

 Quando verrà compreso questo bisogno di sacrificio per vincere, ottenere o salvare ciò che è ritenuto desiderabile, allora verrà svelato l’intero indizio dello sviluppo dell’uomo. 

Questa tendenza o impulso è qualcosa di diverso da desiderare, poiché il desiderio è oggi compreso e studiato accademicamente. 

Ciò che connota veramente è l’emergere di ciò che è più divino nell’uomo. È un aspetto del desiderio, ma è il lato dinamico, attivo e non il lato sensibile, sensuale.

( Esoteric Psychology II , p. 97)

Attraverso l’energia del quinto raggio, che è “essenzialmente portatore di luce”, l’evoluzione dell’umanità è accelerata, portando alla discesa del Regno di Dio sulla Terra a seguito dell’ascesa di così tanti iniziati in questa epoca. Il fatto che la dottrina segreta identifica Venere con Gaia (Terra) e la consapevolezza del risveglio della teoria di Gaia riconosce che la Terra è un organismo vivente e unificato, suggerisce che l’umanità potrebbe ora iniziare a risvegliarsi e cooperare in qualche modo con la ragione per cui gli angeli sono discesi nella materia: per il recupero della sostanza e il risveglio della mente nella forma in modo che lo Scopo della Divinità possa essere registrato ed espresso nella sostanza. Gli angeli solari “caddero” come un atto di scelta e di supremo sacrificio da parte dell’umanità. Quei “Signori della Conoscenza e della Compassione e della Devota incessante perseveranza” sono noi stessi, e noi a nostra volta dobbiamo consapevolmente scegliere di prendere il controllo della nostra incarnazione nella forma, cercando lo Scopo e rendendo così la vita sulla Terra un dono di sacrificio per le vite minori dipendenti da la nostra cura.

Cristo disse: “Io sono la stella luminosa del mattino”. La sua promessa, e l’eredità della presenza sulla Terra di tutti questi “portatori di luce”, può essere meglio riassunta nelle seguenti parole: HP Blavatsky scrisse che “in tutte le antiche cosmogonie la luce proviene dalle tenebre”. E Alice Bailey espresse un simile riconoscimento nelle seguenti parole: “Il Maestro M. … aggiunge l’oscurità alla luce in modo che le stelle appaiano, poiché nella luce le stelle non brillano, ma nell’oscurità la luce diffusa non è, ma solo focalizzata punti di splendore “. ( I raggi e le iniziazioni , p. 170)

Kybalion: viaggio interiore per migliorare se stessi e non solo…

È dall’antico Egitto che ci arrivano gli insegnamenti esoterici e occulti di base che hanno influenzato così fortemente le filosofie di tutte le razze, nazioni e popoli per migliaia di anni.

L’Egitto, la patria delle piramidi e delle sfingi, era la culla della saggezza nascosta e degli insegnamenti mistici. Tutti i paesi hanno preso in prestito le sue dottrine segrete, India, Persia, Caldea, Medea, Cina, Giappone, Siria, Grecia antica, Roma e le altre antiche nazioni hanno preso parte liberamente alla celebrazione della Conoscenza mistica e occulta rivelata dai Maestri di questo antico paese.

Esiste una filosofia eterna e universale, la cui origine si perde nella notte dei tempi. Simile a grandi fiumi le cui acque diventano sempre più torbide e fangose man mano che si allontanano dalla loro fonte, la grande filosofia eterna viene contaminata e inquinata nel suo conflitto con le passioni umane, per diventare in definitiva ciò che chiamiamo “sistemi filosofici”. Ma il Principio rimane puro, nonostante questo abbondante limo che trasporta e i Saggi possono trovarlo ovunque e sempre identico a se stesso, sotto l’innumerevole diversità delle apparenze. È questo il principio immutabile che tratta il Kybalion. È la fonte stessa di tutta la filosofia ermetica. La voce del Maestro dei Maestri, il primo faraone d’Egitto, il tre volte grande Hermes, ancora una volta svela i segreti dell’Eterna Saggezza, che hanno già risuonato per più di cento secoli.

Le leggi supreme che presiedono alla manifestazione dei Mondi – e di noi stessi – sono esposte nella loro più pura semplicità. Il grande problema della Vita, questo enigma eterno che la Sfinge fatale pone uno dopo l’altro a tutti gli Edipo: questo problema può essere risolto solo dalla Scienza. E non invano la scienza moderna, che, esclusivamente analitica e materiale, è di una deplorevole impotenza quando si tratta di riunire i suoi rami sparsi per formare una struttura un po’ sistematica e omogenea.

È solo la scienza antica che, sintetica della sua natura, della sua essenza, della sua stessa sostanza, ci offre la possibilità di staccarci dagli artigli della Sfinge. Le Leggi della Vita sono più importanti della Materia della vita, perché conoscendo la prima, dominiamo la seconda: la Sfinge è il nostro schiavo e non è più il nostro carnefice. Sotto il nome di Arte Reale, o Arte Sacra, gli antichi sacerdoti egizi professavano e praticavano tutta una serie di dottrine che ci sono venute in mente solo grazie alla reputazione e ad alcune rare vestigia. Queste dottrine, nel loro insieme, abbracciavano tutte le relazioni dell’Uomo con la Natura e la loro pratica rendeva materiale l’Iniziato Re dell’Universo: da qui l’Arte Reale. Ma poiché queste dottrine erano basate sul grande sacro assioma dell’Unità del Tutto, si poteva ancora considerare l’Arte Reale sotto il suo aspetto della scienza del Primo Principio, cioè Scienza di Dio, ossia Arte sacra.

Gli antichi erano troppo profondamente penetrati dal primo assioma ermetico: il Tutto è Uno, per pensare mai di separare – come abbiamo fatto – la Scienza della Religione o della Filosofia. Questo è stato il primo dei nostri errori e la fonte di tutti gli altri. Ma, per gli antichi egizi, tutta la natura era vita, e la vita era Dio: quindi, chiunque studiasse la natura divenne, proprio per questo, sacerdotale del Signore. E viceversa, qualsiasi studente imparando a conoscere questa sacra teologia, è diventato uno scienziato naturalista. Tuttavia – ed è qui che la differenza con i moderni assume le proporzioni di un abisso – per gli antichi egizi la natura includeva tutti i mondi invisibili, così come questo mondo visibile in cui è limitata la scienza moderna. Hanno studiato il mondo delle cause con tanto fervore quanto il mondo degli effetti. Affinché l’arte sacra fosse sempre e ovunque la scienza della vita: della vita nell’invisibile, così come di questa vita che cade sotto i nostri sensi. E inoltre, l’uomo non era per loro un aperitivo della natura: lo giudicavano semplicemente un piccolo mondo nel grande, e le stesse leggi che governavano il grande si applicavano anche al piccolo. È ridicolo e pietoso, agli occhi dei moderni Iniziati, vedere la scoperta della Legge dell’Evoluzione attribuita a Darwin, o quella del movimento della terra a Galileo. Chiunque sia meno esperto nelle scienze antiche, sa che queste due leggi tra mille altre da “scoprire” erano un pezzo di Arte Reale. Allo stesso modo, tutto ciò che Franz Anton Mesmer (un medico tedesco). ha gentilmente riscoperto oggi sotto il nome di “Magnetismo animale” è un altro frammento della stessa Arte.

La chimica (la cui radice Khem è il nome stesso dell’Egitto), è di origine puramente ermetica, e la trasmutazione (o applicazione dell’evoluzione ai metalli) era una branca dell’arte sacra.  La magia, ovviamente (e la Magia, come non la conosciamo più oggi, a causa dell’assenza di Maestri sufficientemente avanzati per poterla praticare) faceva ancora parte dell’Arte.

In breve, si potrebbe dire esattamente che l’arte sacra dei sacerdoti egiziani era la sintesi di tutte le nostre scienze moderne, con in più la filosofia, la religione e molti altri riti. Inoltre, l’unico scopo di quest’arte sacra era apertamente quello di accelerare l’evoluzione del saggio che la praticava, il che, necessariamente, presuppone la conoscenza della legge dell’evoluzione. Quindi, nel suo insieme, questo è l’argomento, l’obiettivo del Kyballion. Ma per avvicinarsi allo studio fruttuoso è essenziale iniziare elevandosi sopra i soliti metodi della scienza moderna: voltare le spalle a loro, per così dire. Ed è la pura logica che ci conduce lì. Perché alla fine, se la scienza moderna, con tutti i suoi sviluppi, ci avesse dotato di una vita sana, armoniosa, bella e perfettamente felice, nessuno avrebbe l’idea assurda di cercare qualcos’altro. Ma poiché, al contrario, i suoi tentativi fino ad oggi hanno portato solo a una civiltà manifestamente difettosa, una minacciosa degenerazione della razza e calamità di ogni tipo, è ovvio che dobbiamo girare d’altra parte domare la Sfinge che si aggira sempre, distruttiva, intorno a noi.

La nostra coscienza ci permette di giudicare l’albero dal frutto che porta; invece di cercare invano di abbracciare il fascio infinitamente sviluppato di manifestazioni della Natura, cerchiamo piuttosto di dominare il piccolo numero di Cause che le determinano. Decidiamo di prendere le redini della carrozza del carro della Vita invece di cercare goffamente di guidarlo spingendo le ruote. Il compito è più degno di noi e il risultato sarà sicuramente più felice. Ammettiamo senza falsa vergogna che noi – noi moderni- siamo bambini semplici per quanto riguarda la Saggezza, e torniamo intrepidamente attraverso i secoli per trovare il filo del Labirinto che inavvertitamente lasciamo scivolare via. Non c’è da vergognarsi nello sbagliare, come dice il proverbio latino, è umano. Ma la colpa grave (e grave nelle sue conseguenze) inizia quando si afferma di essere testardi nell’errore e di voler trionfare a tutti i costi.

Intraprendiamo quindi il combattimento con la Sfinge sul suo stesso terreno, dove è più forte: nell’Impero del Male; questo è il suo dominio privato: nessuno può avventurarsi lì senza soccombere. Cerchiamo una volta per tutte di aprire gli occhi alla vera Luce e le nostre orecchie all’eterna voce della Natura; fermiamo la nostra folle ricerca di effetti, sostituendola con conoscenza e padronanza delle cause. Da quel momento in poi, la Sfinge sconfitta diventerà uno schiavo tanto bravo quanto un cattivo e crudele maestro. Tutte le calamità che subiamo non sono senza rimedio: sono il risultato diretto delle nostre spensierate violazioni delle Leggi della Natura. Ritorniamo al percorso diretto dell’Evoluzione, conformandoci alle Leggi della Vita e immediatamente vedremo la pace e l’armonia nascere intorno a noi. Perché – ed è qui che voglio finire – la scienza sintetica è importante tanto quanto la scienza analitica. Tutti sanno che non è sufficiente conoscere i rimedi che dovrebbero essere applicati: devono essere applicati. Allo stesso modo, nelle scienze psichiche, non è sufficiente sapere che si dovrebbe agire o pensare in tale e tale modo: è necessario – ed è necessario di ogni necessità – conformare la propria vita alla propria coscienza; dobbiamo praticare imperturbabilmente ciò che sappiamo. Sono gli Atti che contano, sia nel regno dell’ideale sia nel mondo materiale. Le leggi del Kybalion sono idealmente belle, ma se non le realizzi in pratica, saranno sono splendidi orpelli.

Ma, eccomi qui perplesso. Con un occhio più pratico e tecnico ho scoperto che il Kybalion non è un antico manoscritto come afferma di esserlo, ma piuttosto un prodotto editoriale, un manuale che, questi tre fantomatici iniziati, hanno redatto ed è rivolto a chiunque cerchi di favorire la propria crescita personale. Tecnicamente il kybalion l’ho trovato chiaro, conciso, preciso e moderno.

I principi del Kybalion possono essere applicati alla vita di tutti i giorni, ma prima di tutto sveliamo l’autore.

Il non mistero degli autori.

Un Papiro egiziano fu presentato al British Museum, a dimostrazione della veridicità storica del libro ermetico del Kybalion. Secondo il Guardian, nel 1962 un commerciante di antiquariato vendette un grande frammento di papiro al British Museum.

Scritto in Demotico era in uno stato di straordinaria conservazione. L’età del papiro risaliva al tardo Medio Regno o all’inizio del Nuovo Regno del 1600 a.C.

Fu tradotto dopo qualche anno e ciò che affascinò il British Museum fu l’antico testo in ebraico קַבָּלָ n (Kybalion): il primo riferimento storico all’antico testo ermetico. Il resto del testo sembrava essere un antico testo platonico che spiegava come ogni oggetto nell’universo abbia caratteristiche sessuali o polarità. Spiegava, inoltre, come era possibile duplicare metalli preziosi invocando una divinità Nut-Rn che era lo spirito di un particolare fiume che scorreva vicino a Hermopolis. Vi erano alcuni riferimenti alla dea Rn, nel Regno di Mezzo e si riteneva che il culto si fondesse con quello di Nut all’inizio del Nuovo Regno.

Tutto questo è facilmente confutabile da chiunque abbia una conoscenza basica di storia antica. L’antico testo ebraico non è nato fino a quando il popolo ebraico non si trovava a Babilonia. In ogni caso la parola Kybalion non deriva dall’ebraico. Platone nacque nel 428 a.C. quindi non poteva essere un testo platonico. La sceneggiatura demotica non fu usata in Egitto fino al 600 a.C. quindi questo falso risalente a quasi 1000 anni fa non esisteva e non esisteva un fiume che oltrepassasse Hermopolis (tranne il Nilo). Naturalmente il Kybalion non è affatto antico, ma era un falso dei primi del 20° secolo che ha coinvolto un gran numero di persone che avrebbero dovuto approfondire meglio.

Il mistero risiede soprattutto nell’identità degli autori, anche se le personalità che ruotano attorno all’edizione dell’opera ci danno indicazioni molto chiare sulla sua origine.

L’editore Henri Durville (1887-1963) figlio di Hector Durville, ha creato e insegnato “I principi della fisica dinamica”, attraverso il quale ha dimostrato la differenza tra magnetismo animale e ipnosi.  I suoi studi furono estremamente accurati e secondo François Ribadeau-Dumas, nel suo libro “La storia della magia”, gli studi di Henri Durville aprirono nuovi orizzonti, in particolare nelle sue ricerche sul sonnambulismo e l’azione dei nervi centrali.

Effettuando ulteriori ricerche, ho notato che i suoi scritti ruotavano attorno alla “fiducia in se stessi”, al “potere della mente” e al “magnetismo”.  Anche figlio di Hector Durville, è quindi il fratello dell’editore, si dice che abbia tradotto il lavoro all’età di 21 anni: André Durville (1896-1979) è un medico francese che fu uno dei promotori del naturismo in Francia durante il periodo tra le due guerre. Il firmatario dell’introduzione Albert Caillet (1869-1928) Ingegnere civile, dal 1908 si è dedicato esclusivamente allo studio delle scienze psichiche. Ha scritto tra l’altro: “Il manuale bibliografico di scienze psichiche o occulte”.

Possiamo citare altri nomi di autori (o coautori): Herbert Spencer, nato il 27 aprile 1820 a Derby e morto l’8 dicembre 1903 a Londra, è un filosofo e sociologo inglese. William Walker Atkinson (1862-1932), massone, teologo e professor di magnetismo, è uno degli autori più importanti del Nuovo Pensiero. Mabel Collins (scrittrice del movimento teosofico). Claude Bragdon, architetto teosofo e autore di “geometria mistica”. Claude Alexander (noto mago del cabaret, mentalista, che praticava la cristallomanzia e autore del Nuovo Pensiero). Ad ogni modo, conoscendo la prolifica penna di Atkinson sotto quasi una dozzina di pseudonimi, si può discutere all’infinito sulla necessità che avrebbe dovuto firmare o meno questo libro.  Le opere del filosofo inglese Herbert Spencer sono citate nel Kybalion come illustrazione della comprensione dei Principi ermetici. Lo stesso Spencer è cantato come reincarnazione del filosofo greco Eraclito.

Nel 1908, la Yogi Publication Society (di William Walker Atkinson) pubblicò The Kybalion, un libro che affermava di essere basato sulle opere di Hermes Trismegistus e di contenere una moderna interpretazione dell’ermetismo. La paternità del libro è attribuita a “I tre iniziati”, ma la loro identità non viene rivelata. È chiaro ora che The Kybalion è stato scritto dal mistico americano e difensore del Nuovo Pensiero William Walker Atkinson.

Dalla sua pubblicazione, il Kybalion ha introdotto migliaia di americani al misticismo e all’occultismo.  È stata una pietra miliare fondamentale nella fondazione di molte tradizioni e società esoteriche moderne. Tuttavia, non rappresenta accuratamente l’ermetismo come afferma.

Il Kybalion nella vita di tutti i giorni per essere, fare e avere tutto ciò che desideriamo.

Ci sono sette verità fondamentali contenute nel Kybalion e questi principi spiegano ciò che gli ermetisti descrivono come l’arte della trasmutazione mentale. Può sembrare una magia, ma gli insegnamenti ermetici del Kybalion sono in realtà scientifici. La maggior parte delle persone non si rende conto che esiste un insieme di Leggi Universali che si applicano a tutte le cose create. Questa è la filosofia ermetica: una spiegazione dei principi universali e fondamentali che determinano il funzionamento della realtà. La filosofia ermetica riguarda davvero l’alchimia mentale. Questo è il processo intenzionale di trasformare il pensiero e la coscienza da un livello vibrazionale più basso a un livello vibrazionale più alto. Lo scopo è sviluppare il potere di causare la creazione delle cose che si pensa. Scritti e insegnamenti ermetici possono aiutarci a raggiungere la padronanza della Legge di Attrazione.

Padroneggiando i nostri pensieri, che esistono su piani superiori, possiamo influenzare la materia sul piano fisico.

Vi ricordate il film The Matrix? Ha rappresentato l’idea di un codice che controlla l’aspetto di tutto. Ciò che percepiamo come realtà è invece un tessuto del dominio digitale. Inoltre, nel film, al protagonista “Neo” è stata presentata l’opportunità di prendere una pillola rossa o una blu. La filosofia ermetica è un po’ come prendere la pillola rossa. Con il Kybalion, i Tre Iniziati stanno facendo luce sul modo in cui l’universo funziona “dietro il sipario”.

  1. Il principio del mentalismo

Questo è la chiave per capire il significato del Kybalion. Prima di impiegare uno dei qualsiasi dei principi del Kybalion, il punto di partenza è credere che la realtà sottostante dell’universo sia mentale. In altre parole, stiamo letteralmente vivendo in un costrutto mentale simile al tessuto di Matrix. Ecco la premessa. Se l’Universo è di natura mentale, l’apprendimento dell’arte della trasmutazione mentale ci dà la possibilità di influenzare la nostra realtà. La fisica quantistica insegna che il nostro intero universo è un prodotto della nostra mente conscia e del nostro subconscio, dei nostri pensieri ed emozioni. La manifestazione mentale è un modo reale e potente per cambiare la nostra vita.

  • Il principio di corrispondenza

Quasi tutti hanno familiarità con la convinzione che la vita che creiamo sia un riflesso dell’immagine che abbiamo nella nostra mente. All’interno e senza relazione. Di conseguenza, ciò che può essere invisibile può essere dedotto osservando il visibile. O per dirla in altro modo, si può avere un’idea di cosa accadrà nella nostra vita (l’invisibile, perché non è ancora successo) prestando attenzione ai nostri pensieri (il visibile). I nostri pensieri dominanti, quelli a cui diamo energia, sono quelli che si manifesteranno nella nostra vita. I nostri pensieri rispecchiano la nostra realtà. Questo è l’asporto essenziale della legge della corrispondenza.

  • Il principio di vibrazione

Un esempio comune di vibrazione e frequenza è il diapason. Quando lo si colpisce con un martello e lo si fa vibrare, farà sì che altre forchette di sintonizzazione nelle vicinanze inizino a vibrare contemporaneamente, alla stessa frequenza. Nella filosofia ermetica, la stessa cosa accade con le vibrazioni che sono causate dalle idee. I nostri pensieri determinano ciò che attiriamo nella nostra vita. Risuonando emozioni positive come gioia, amore, gratitudine e felicità, attirerai naturalmente le corrispondenti vibrazioni degli altri. La maggior parte di noi lo capisce a livello intuitivo: abbiamo avuto tutti giorni in cui siamo turbati o frustrati e tutti quelli che incontriamo sembrano peggiorare la situazione. La filosofia ermetica afferma che questa non è solo una coincidenza. Invece, quando risuoneremo (per esempio) la gioia, attireremo effettivamente le persone nella nostra vita che ci procurano più gioia.

  • Il principio di polarità

Il Kybalion afferma che ciò che pensiamo come opposti sono in realtà solo differenze di grado. Caldo e freddo non sono categoricamente diversi; sono solo cambiamenti di grado. Più calore ha una stanza, meno probabilità abbiamo di dire che fa freddo; e viceversa. Su e giù, inoltre, non sono categoricamente diversi; più sei in alto, meno sei in basso. Lo stesso vale per la ricchezza e la povertà. Ricchezza e povertà non sono diverse categorie di essere. Invece, può essere utile pensare a una scala mobile con povertà nella fascia bassa e ricchezza nella parte superiore. Questo è davvero fortificante, perché significa che quando stiamo provando a passare dalla povertà alla ricchezza, non dobbiamo fuggire da una categoria di essere e saltare in una totalmente diversa. Invece, possiamo semplicemente concentrarci sullo spostamento della scala mobile verso la ricchezza e apprezzare anche i piccoli guadagni lungo la strada. Anche gli opposti estremi sono categoricamente gli stessi.

  • Il principio del ritmo

Alcuni giorni ci sentiamo che nulla può fermarci. Ma il giorno dopo potremmo non voler nemmeno alzarci dal letto. Cosa è successo? E’ il principio del ritmo. L’oscillazione del pendolo. La vita non è costante; cambia e si muove sempre, su e giù. Capire questo è molto potente, perché ci dà una visione chiave del futuro: non importa dove ci troviamo, le cose cambieranno. Potremo anche, fare un ulteriore passo in avanti: se siamo la stessa persona che siamo da sempre, allora potremo aspettarci un cambiamento approssimativamente in linea con ciò che è successo nel nostro passato. Invece, se sei diventati qualcuno di nuovo, o diverso, allora potremo guardare in noi stessi e fare alcune previsioni approssimative su come il principio del ritmo cambierà la nostra vita in base a chi siamo ora. Questo principio si applica a tutti, e come tutti gli altri principi ermetici, una volta che sappiamo cosa cercare possiamo iniziare a vederlo ovunque. In tutta la vita c’è lo Yin e lo Yang, il riflusso e il flusso. Una chiave dei principi del Kybalion è che è possibile usare insieme le leggi per prendere il controllo della nostra vita.

  • Il principio di causa ed effetto

Secondo i Tre Iniziati, una parte molto grande per ottenere ciò che si vuole nella vita è sapere che non succede mai nulla per caso. Tutto è influenzato da queste leggi stabilite nel Kybalion Comprendendoli e imparando come applicarli, possiamo causare gli effetti che desideriamo, attraverso un atto di creazione mentale che può causare le nostre manifestazioni desiderate. Invece di sentirci come una pedina nel gioco della vita, il significato chiave del Kybalion è che possiamo diventare un giocatore e influenzare l’esito del concorso.

  • Il principio del genere

Questo principio universale è un altro aspetto della dualità. Ognuno di noi ha sia energia maschile e sia energia femminile; c’è un principio maschile e un principio femminile in tutte le cose. Si applica a tutto, su tutti i piani di esistenza, indipendentemente da quanto sia grande o piccolo. A livello subatomico i protoni hanno una carica positiva e gli elettroni una carica negativa. La carica sul protone e sull’elettrone hanno esattamente le stesse dimensioni, ma al contrario. La polarità negativa rappresenta il femminile e la carica positiva corrisponde al maschile. Cosa significa la legge di genere per la nostra vita? L’energia “maschile” (che non è esclusiva per gli uomini) è orientata agli obiettivi e focalizzata sull’azione. Si tratta di spostarsi verso il nostro obiettivo ogni giorno. L’energia “femminile” (che, di nuovo, non è esclusiva per le donne; ognuno di noi ha entrambe) consiste nel fare un passo indietro, riflettere e rivalutare. L’energia femminile ti spinge a guardare il quadro generale e correggere la rotta in modo da poter agire in modo più efficace, invece di tenere la testa bassa e continuare sulla stessa rotta. La chiave del successo è far lavorare insieme queste due energie, sapendo quando usarle. Quando è il momento giusto per raggiungere l’obiettivo e quando è il momento migliore per fare un passo indietro e correggere la rotta?

Valorizzando ulteriormente i principi di Kybalion.

Inizialmente, i sette principi ermetici del Kybalion possono sembrare singoli e separati l’uno dall’altro. Tuttavia, sono tutti elementi costitutivi che, se presi insieme, si trasformano in una formula. Imparando ad applicare questi principi a come si pensa, possiamo usare la nostra mente per controllare la nostra realtà.

La realtà è un costrutto mentale e cambiando i nostri schemi di pensiero, possiamo letteralmente cambiare la realtà e manifestare ciò che desideriamo. È essenzialmente un’alchimia di tipo mentale; stiamo trasformando le idee in manifestazioni fisiche. Ed è una legge universale. Funziona sempre, che noi lo vogliamo o no.

Molti pensano che il Kybalion sia un testo occulto o religioso. Ma non lo è. Invece, il libro è un manuale per navigare sia sui piani spirituali e sia su quelli fisici. È una guida pratica alle leggi dell’universo, sempre più sostenuta dalla scienza moderna. È compatibile con qualsiasi religione, perché non è religiosa. Alcune persone lo considerano una “chiave magica” e puoi chiamarla così se vogliamo, ma con enfasi sulla chiave, non sulla magia.

Per concludere, richiamo la vostra attenzione sul seguente assioma ermetico che svela la Pietra filosofale: “La vera trasmutazione ermetica è un’arte mentale. “

In questo assioma gli ermetisti insegnano che il grande lavoro di influenza di un entourage si realizza con l’aiuto del potere mentale. Essendo l’Universo completamente mentale, ne consegue che può essere guidato solo dalla Mentalità. In questa verità si può trovare la spiegazione di tutti i fenomeni e la manifestazione di tutti i vari poteri mentali che hanno attirato così tanta attenzione e che sono stati così studiati all’inizio del ventesimo secolo. Troviamo costantemente sotto gli insegnamenti di vari culti e scuole diverse il principio della sostanza mentale dell’Universo. Se l’Universo è Mentale nella sua natura sostanziale, ne consegue necessariamente che la Trasmutazione Mentale deve cambiare le condizioni e i fenomeni dell’Universo. Se l’Universo è Mentale, lo Spirito deve essere il potere più notevole che agisce nei suoi fenomeni. Se questa verità fosse ben compresa, vedremmo la vera natura di ciò che chiamavamo “miracoli”.

Mala, solo un accessorio di moda?

Il braccialetto Mala è anche chiamato braccialetto buddista o tibetano. Mala è un termine sanscrito che significa ghirlanda di perle o di meditazione. Il significato della sua traduzione deriva dal suo uso. In diverse correnti spirituali, il braccialetto Mala è utilizzato come un rosario. Ancora oggi, ci sono poche informazioni attendibili sulla storia del braccialetto Mala. Sappiamo che esiste da molti anni, gli storici stimano la sua età a oltre 3000 anni ed è stato creato in India.

Questo accessorio ancestrale è al centro della pratica buddista e indù ed è usato, tra le altre cose, come braccialetto di preghiera o meditazione.  Può essere realizzato in diversi materiali e dimensioni. È tradizionalmente realizzato con perline di legno di sandalo con molteplici sfumature di colori. Le perle possono essere fatte di pietre diverse, inoltre è dotato di una chiusura conica e un amuleto.

Questo rosario buddista ha esattamente 108 perle. Il numero 108 non è scelto a caso, è il simbolo di diversi elementi:

Ciascuna delle parti che compongono il braccialetto Mala, riserva profondi significati.

La chiusura conica del braccialetto rappresenta il vuoto. La vacuità nella tradizione buddista è l’inesistenza di tutta l’essenza. Corrisponde all’idea che tutto è privo di esistenza autonoma nelle sue funzioni.

La corda, su cui sono infilate le perle, è composta da più trecce annodate. Ogni filo ha un simbolo specifico: 

  • tre fili rappresentano i tre corpi del Buddha, il Corpo assoluto, il Corpo della gloria e il Corpo dell’emanazione;
  • cinque fili indicano le cinque saggezze o le cinque famiglie di Buddha
  • nove fili corrispondono al Buddha primordiale Vajradhara.

Assume un significato diverso, anche nel modo di usarlo. Si dice che devi far scivolare le perle verso di te. Simboleggia gli esseri che l’utente estrae dalla sofferenza e dà origine alla positività del karma.

Alla fine, quando il contatore termina con un dordje, rappresenta compassione e abilità. Quando termina con una campana, simboleggia piuttosto il vuoto e la conoscenza. Ogni Mala buddista ha quindi un suo significato.

Il braccialetto Mala è stato utilizzato fin dall’inizio dei tempi nelle correnti spirituali buddista e indù, per ottimizzare la meditazione. Deve essere tenuto con la mano sinistra. Si allunga con il pollice e l’indice, con un movimento dall’esterno verso l’interno. Ogni perla è utilizzata per contare le recitazioni dei mantra e aiutano a gestire meglio le tecniche di respirazione.

A seconda della loro natura possono intensificare la preghiera o darle un orientamento. Ad esempio, si dice che il braccialetto Mala in cristallo di rocca aiuti a trovare un oggetto, un animale o un essere umano perduto.

Il braccialetto tibetano può essere utilizzato anche per scopi non prettamente religiosi. Ad esempio nella litoterapia. Pietre e cristalli hanno una vera forza, una sottile influenza energetica su chi li indossa, portando benefici fisici o psicologici.

Quando le perle di un braccialetto Mala sono fatte di pietre, possono migliorare il benessere. Per questo, bisogna indossarli regolarmente a contatto con la pelle. Ma è importante purificarli e ricaricarli anche quotidianamente. Gli effetti ottenuti dipendono dal tipo di pietra utilizzata.

La leggenda afferma che non è la persona a scegliere il suo braccialetto Mala, ma è il Mala a scegliere il suo possessore. Non succede nulla a caso. Se un braccialetto Mala attira particolarmente, è perché soddisfa le esigenze e intenzioni.

Nella pratica della meditazione, il braccialetto Mala è diventato universale con il tempo. Permette di approfondire tutte le pratiche di meditazione siano esse buddiste o indù o di altre filosofie. Esso consente, con l’aiuto delle sue perle, di valutare il tempo di meditazione, dando valore oggettivo alla durata delle sessioni e aiuta a lavorare sulla pazienza e concentrazione. 

La pazienza e la concentrazione sono due virtù indispensabili per la meditazione. Queste sono anche importanti qualità nella vita quotidiana e nello sviluppo personale e spirituale. Il fatto di sgusciare ogni perla rende possibile la rifocalizzazione, diventando uno strumento che ricorda l’essenziale in ogni circostanza. È il simbolo del corso dei suoi percorsi interni. Suggerisce che questi percorsi possono essere incrociati all’infinito rivelando sempre nuove ricchezze. È un modo per imparare che la conoscenza di sé è illimitata e che lo sviluppo personale è l’arte di una vita.

Utilissimo nella disciplina dello Yoga, che richiede concentrazione e lasciarsi andare. È possibile sfruttare l’energia del Mala tibetano per ottimizzare la sessione. Alcuni braccialetti Mala consentono di accedere più rapidamente a uno stato di serenità interiore, favorendo benessere e relax. Aiuta a rimanere concentrato e, soprattutto, a ignorare l’ambiente; inoltre, può diventare un punto di attaccamento o radicamento.

Provate a usare il braccialetto Mala durante la meditazione allo stesso modo dei buddisti e degli indù; cioè per recitare i mantra. Con una differenza, con un mantra creato da voi stessi. Queste saranno piccole citazioni per promuovere il pensiero positivo. Esempio: “Mi apro all’abbondanza” o “Percepisco la bellezza in tutto”.

In sintesi il braccialetto Mala non è un semplice gioiello, è il centro della spiritualità buddista e indù. Tuttavia, è possibile utilizzarlo in molti modi dalla pratica della meditazione allo yoga, poiché ha anche molte virtù energetiche. E’ un concreto aiuto per lo sviluppo e il superamento di se stessi, sarebbe un peccato privarsi dei numerosi vantaggi di questo accessorio ancestrale!

Noi siamo Amore.

Una delle più grandi illusioni, per alcune persone, è credere che lo spirito umano e l’Anima siano la stessa cosa e che questi corpi di luce stazionino in un regno remoto ed etereo molto distante dal nostro vivere quotidiano. Nulla di ciò potrebbe essere più lontano dalla verità.

La nostra anima è un corpo di amore e luce, a cui possiamo connetterci attraverso ogni particella del nostro corpo fisico. È molto reale, naturale e semplice. È il luogo in cui risiedono Amore, verità, armonia e gioia; mentre, il nostro spirito è un corpo di luce minore. È il frammento che si è allontanato dal Tutto, dall’Anima stessa e, in questo stato frammentato, ha iniziato a creare un modo di vivere che non è spinto dall’amore e dalla luce delle nostre vere origini.

Nel nostro mondo abbiamo guerre, torture, malattie, abusi, povertà, ipocrisie, corruzioni per dirla in breve abbiamo mancanza di Amore ovunque. La ragione per cui sappiamo che questa mancanza di amore non è giusta, è perché noi siamo Amore e, poiché l’amore è il nostro stato naturale, è ovvio che il nostro vivere è innaturale.

E’ vero, siamo Divini, ma il modo in cui viviamo la nostra esperienza terrena, è ben lontana dalla divinità da cui deriviamo. Lo spirito ribelle (che si è allontanato dal Tutto) pensa di essere un’entità divina, ma in realtà è un’entità separata dal divino. Noi, in questo stato separato, facciamo delle scelte che non sono basate sull’Amore, ma su scelte – dettate da un ribelle – non amorevoli, per questo possiamo affermare che lo spirito non è un essere divino. È fondamentale comprendere questo passo, in modo da poter riflettere in noi stessi e richiamare tutto ciò che non è amore e che ha messo radici in noi, per poi tornare alla nostra origine divina. Siamo qui sulla terra per evolverci, per unire all’anima, lo spirito e tornare alla nostra origine, al nostro modo naturale di essere, con le nostre azioni quotidiane.

L’Anima è Divina e funziona solo con l’Amore e lo spirito lavora con tutto ciò che non è amore. Il viaggio spirituale, la nostra evoluzione è rendere nullo lo spirito, in modo da poter diventare pieno di Anima, di Amore.

Ci sono, dunque, due fonti di energia da scegliere per vivere ed esprimere ciò che siamo: tutto ciò che è amore (anima) o, tutto ciò che non è amore (spirito). Pertanto è molto utile comprendere e sperimentare la differenza tra i due. Il primo passo è essere aperti alla possibilità che queste due energie esistano. Una volta consolidata, diventa sempre più semplice e la vita inizierà a cambiare.

Dobbiamo, innanzitutto, occuparci delle nostre ferite, perché un essere ferito non riuscirebbe ad accettare il grande Amore dell’Anima; inoltre, aggrapparsi alle proprie ferite è in verità un Giudizio. L’Anima, come il suo divino creatore, non giudica, quindi, non si può accettare la pienezza dell’Anima se la tieni fuori, aggrappato alle ferite. Ferite che peraltro provengono da altri e non vediamo come le scelte personali hanno portato quei dolori come un riflesso delle scelte stesse.

La parola Anima deriva dall’antica parola inglese sawol, sawel che significa anima, vita, essere, spirito. Sembra, inoltre, derivare da un concetto tedesco attraverso la parola greca psiche, che significa vita, spirito, respiro, coscienza, principio invisibile che anima. La parola psiche, a sua volta, deriva dal verbo raffreddare, soffiare, riferendosi così al respiro vitale, all’essenza e al principio stesso che dà vita e anima ogni essere vivente, in altre parole, la scintilla divina. Anche la parola latina anima si riferisce al respiro vitale che, in verità, ha origine dall’unico respiro a cui siamo tutti collegati, il respiro divino di Dio (o Creatore o Padre).

Queste tre parole spirito, psiche e anima si riferiscono tutte al principio o essenza vitale, che opera attraverso il corpo fisico. Questa essenza, la nostra essenza, è eterna, immutabile, sempre esistente e per la quale non esiste né nascita né morte.

Il fatto stesso che i termini anima e spirito appartengano entrambi nel loro contesto originale al “respiro vitale” di Dio, indica che la vera casa dello spirito è, ed è sempre stata, in unione con l’Anima (già ben prima di separarsi e perseguire l’individualità). Tuttavia, poiché ora viviamo principalmente attraverso la luce dello spirito in separazione con l’Anima, questi due termini non possono essere usati, come erroneamente alcuni fanno, come sinonimi.

La nostra anima ci spinge da sempre, coerentemente e amorevolmente a tornare verso l’amore che siamo. Nella nostra era, oggi più che mai, la Luce dell’Anima è semplicemente disponibile e accessibile per ognuno di noi, che desidera connettersi. Ma, affinché l’amore sia reintegrato come il nostro unico vero modo di vivere e vero corpo di luce, dobbiamo rinunciare al nostro ribelle spirito, ai nostri modi senza amore e accettare che l’esistenza finora fatta, in separazione con il Tutto, non funzioni.

Il percorso di ritorno alla nostra ANIMA è attraverso l’amore che siamo in grado di vivere all’interno dei nostri corpi, e l’uno con l’altro, e quindi l’ANIMA non è un corpo elevato, mistico, celeste a cui possiamo sfuggire per non sentire l’orrore del mondo. È un meraviglioso corpo di puro Amore, che in realtà, ci chiama a essere più presenti nei nostri corpi fisici e impegnati nella vita quotidiana, in un modo reale e pratico.

La nostra ANIMA è ciò che siamo e siamo Amore.

La Morte non esiste, è

 Intervista New York University 2017

Nel 2017 una ricercatrice della New York University mi intervistò, per la realizzazione di un documentario sulla Morte. Sono trascorsi circa due anni e alcuni concetti espressi si sono evoluti. I passi che compiamo ogni giorno ci conducono al centro di noi stessi, la vita è un continuo divenire, una continua trasformazione verso livelli più elevati di coscienza. Di pari passo la conoscenza e il sapere si evolvono, sostenuti e alimentati dai percorsi iniziatici (siano essi di natura spirituale, culturale, teosofico, rosa-crociano, massonico, etc.)  che lavorano silenziosamente dentro di noi. Così ho sentito il bisogno di parlare ancora a me stesso della Morte e, sono certo, che altre astrazioni – nel prossimo futuro – arricchiranno i miei dubbi, perché la Morte non esiste, ella o essa è.

La morte non esiste, è l’ingresso in una vita più piena. Tranne nei casi di morte violenta e improvvisa, che come una scarica elettrica emette un senso istantaneo di pericolo e distruzione, la morte è letteralmente un sonno e un oblio. Per taluni la morte è una continuazione del processo di vita con i propri interessi e tendenze, in cui la sua coscienza e il senso di consapevolezza sono gli stessi. Per gli egoisti, i criminali e quelle persone che vivono solo per gli aspetti materiali, esiste la condizione “vincolata alla terra“. I vizi, pregiudizi e tutti i loro desideri hanno forgiato con la terra un forte legame e cercano, disperatamente e con ogni mezzo possibile, di rientrare. In alcuni casi, un grande amore o la mancata realizzazione di un dovere, mantiene una condizione simile. Per altri è un ingresso immediato in una sfera di servizio e di espressione che riconosce come già vissuto. Nelle ore di sonno ha sviluppato un campo di servizio attivo e di apprendimento, ora lavora semplicemente in esso per tutte le ore, invece che per le sue solite poche ore di sonno.

La mente dell’uomo è così poco sviluppata che la paura dell’ignoto e l’attaccamento alla forma hanno portato a una situazione in cui, uno degli eventi più benefici nel ciclo di vita (non solo per un Figlio di Dio incarnato) è considerato come qualcosa da evitare e rimandare il più tardi possibile. La morte, se solo potessimo rendercene conto, è una delle nostre attività più praticate. Siamo morti molte volte e moriremo ancora e ancora. La morte è essenzialmente una questione di coscienza. Siamo consapevoli di un momento sul piano fisico e un attimo dopo ci siamo ritirati su un altro piano e siamo attivamente coscienti lì. Fino a quando la nostra coscienza sarà identificata con l’aspetto della forma, la morte ci riserverà il suo antico terrore. Solo quando saremo capaci di focalizzare la nostra coscienza e il senso di consapevolezza in qualsiasi forma, o piano non conosceremo più la morte.

Gli uomini tendono a dimenticare che ogni notte, nelle ore del sonno, si muore sul piano fisico e si vive altrove, su altri piani. Dimenticano che sanno già lasciare il corpo fisico con facilità, quando, ad esempio, perdono i sensi o svengono; purtroppo non si riesce a ricordare di esser svenuti e del successivo intervallo di vita attiva, non si riesce a mettere in relazione morte e sonno. Il processo del sonno quotidiano e il processo del morire ordinario sono identici, con l’unica differenza che nel sonno il filo magnetico o la corrente energetica lungo la quale la forza vitale scorre è intatta e costituisce la via del ritorno al corpo. Nella morte, questo filo conduttore è spezzato, quando ciò accade l’entità cosciente non può ritornare al corpo fisico denso e, quel corpo, privo del principio di coerenza, si disintegra.

I giovani dimenticano, e giustamente dimenticano, l’inevitabilità di quel definitivo distacco simbolico che chiamiamo Morte. Quando la vita ha fatto la sua parte e l’età ha preso il suo tributo l’uomo, stanco e stanco del mondo, non ha paura del processo di distacco e cerca di non aggrapparsi a ciò che prima era desiderato. Accoglie la morte rinunciando con naturalezza a ciò che prima aveva assorbito la sua attenzione. 

La coscienza umana comprende la morte con il dolore e l’associa alla perdita solo perché s’identifica con la forma e non con la coscienza dell’anima. Nel momento in cui l’uomo si riconoscerà con l’anima, e non con la sua forma, comprenderà la Legge del Sacrificio.  Naturalmente sceglierà di morire ma senza dolore e nessuna cognizione della morte intesa come fine di tutto.

L’intento è che l’uomo muoia, come ogni uomo deve morire su richiesta della propria anima. Quando l’uomo ha raggiunto uno stato superiore nell’evoluzione, con la deliberazione e la scelta del tempo, si ritirerà coscientemente dal suo corpo fisico. Rimarrà silente e vuota dell’anima, priva di luce, eppure sana e integra, si disintegrerà, sotto il processo naturale e i suoi atomi costituenti ritorneranno nell’unità d’attesa finché non saranno nuovamente richiesti per incarnarsi. Ancora una volta, sul lato soggettivo della vita, il processo si ripete, ma molti hanno già imparato a ritirarsi dal corpo astrale senza essere soggetti a quell’impatto nella nebbia, che è il modo simbolico di descrive la morte dell’uomo sul piano astrale, poi si ritira al livello mentale.

La morte è presente sul pianeta sin dalla stessa notte del tempo stesso, le forme sono venute e se ne sono andate, la morte ha sopraffatto piante e alberi, animali e le forme di esseri umani per incalcolabili anni. Eppure il nostro pianeta non è un ossario, come potrebbe benissimo essere di fronte a questo fatto, ma è ancora bella e intatta dall’uomo. I processi di morte e la dissoluzione delle forme, procede in ogni momento senza produrre contaminazione o deturpazione della superficie terrestre. I risultati della dissoluzione hanno un effetto magnifico, riflettete su questa magnifica attività e sulla bellezza del piano divino di morte e scomparsa.

Il ciclo in cui viviamo ora ha visto la più grande distruzione di forme umane nell’intera storia del nostro pianeta. Non c’è stata distruzione di esseri umani. Vorrei soffermarmi su questa asserzione. A causa di questa distruzione totale, l’umanità ha fatto un rapido avanzamento verso un atteggiamento più sereno in connessione con la morte. Questo non è ancora chiaro ma, tra qualche anno, il nuovo atteggiamento inizierà a essere segnato e la paura della morte comincerà a spegnersi. Il mondo sarà anche in gran parte dovuto all’aumentata sensibilità dell’apparato di risposta umana, che porterà a un rivolgimento interiore un nuovo orientamento della mente umana, con risultati imprevedibili.

La morte libera la vita individualizzata in un’esistenza meno angusta e confinata e, alla fine, quando il processo della morte è stato applicato nella vita dell’universalità, questo è un punto d’inesprimibile felicità. Il peccato dell’omicidio, in realtà, è basato sul fatto che interferisce con lo scopo dell’anima e non sull’uccisione di un particolare corpo fisico umano. La morte appare spesso così priva di scopo, questo perché l’intenzione dell’anima non è nota. Lo sviluppo del passato, attraverso il processo d’incarnazione, rimane una questione nascosta. Le antiche eredità e gli ambienti sono ignorati e il riconoscimento della voce dell’anima non è generalmente sviluppato. Queste sono le questioni, tuttavia, che sono sul vero e proprio limite del riconoscimento.

La morte per l’uomo pensante medio è un punto di crisi catastrofica. E’ la cessazione e la fine di tutto ciò che è stato amato, di ciò che è familiare e desiderabile. E’ un’entrata precipitosa nell’ignoto, nell’incertezza, e brusca conclusione di tutti i piani e progetti. Non importa quanta vera fede nei valori spirituali possa essere presente, non importa quanto sia chiara la razionalizzazione della mente possa essere un’immortalità annessa, non importa quanto siano conclusive le prove della persistenza e dell’eternità. Rimane ancora un interrogatorio, un riconoscimento della possibilità di completa finalità e negazione e fine di ogni attività, pensieri, emozioni, desideri, aspirazioni e intenzioni che si concentrano attorno al nucleo centrale dell’essere umano.

La morte è, di per sé, un’opera di risurrezione, dovremo imparare a considerare la morte come un atto di restituzione. Quando ci riusciremo, assumerà una nuova luce e diventerà parte integrante, riconosciuto e desiderato, di un processo di vita costante. Qual è, dunque, il compito principale dei gruppi di guarigione? è preparare gli esseri umani a considerare come aspetto riparatore la morte e, quindi, dare a quel nemico finora temuto dell’umanità, un significato nuovo e più felice. Se si lavorasse su queste linee di pensiero, i temi della morte si ripeterebbero costantemente con un nuovo atteggiamento nei confronti del morire.

I gruppi di guarigione devono prepararsi ad affrontare questa condizione fondamentale per tutti i viventi e una parte importante del loro lavoro sarà la spiegazione del principio della morte.  L’anima deve tornare da colui che l’ha data. Non come una restituzione forzata e temuta, che genera paura e porta ovunque uomini e donne a reclamare la guarigione fisica del corpo, enfatizzando il prolungamento dell’esistenza terrena come il fattore più importante nelle loro vite.

Questi atteggiamenti sbagliati devono finire. La morte diventerà un processo normale e comprensibile, normale come il processo di nascita, sebbene evochi meno dolore e paura.

Le parole: terra alla terra e polvere in polvere, così familiari nei rituali di sepoltura dell’Occidente, si riferiscono a questo atto di restituzione e connotano il ritorno degli elementi del corpo fisico al serbatoio originale della materia e, della sostanza della forma vitale per il serbatoio eterico generale.

Le parole: lo spirito ritornerà al Dio che l’ha dato, sono un riferimento distorto all’assorbimento dell’anima da parte dell’anima universale. I rituali ordinari, tuttavia, non riescono a enfatizzarlo è quell’anima individualizzata, in procinto di riassorbimento, che istituisce e ordina mediante un atto della volontà spirituale, quella restituzione.

L’arte del morire, è qualcosa che tutti gli uomini dovrebbero apprendere, sia se seriamente malati e sia se godono di buona salute, attraverso il pensiero corretto e la sana attesa. La riluttanza ad affrontarlo con comprensione, sono dovute all’enfasi che si pone sul corpo fisico e la facilità con cui s’identificano con esso, dettato anche sul senso iniziale di solitudine che si prova sulla perdita di un familiare.

Eppure la solitudine che si manifesta dopo la morte, quando l’uomo si ritrova senza un veicolo fisico, non è nulla rispetto alla solitudine della nascita. Alla nascita, l’anima si trova in un ambiente nuovo. Immersa in un corpo che è in un primo momento del tutto incompetente a prendersi cura di sé, o di stabilire un contatto intelligente con le condizioni circostanti per un lungo periodo di tempo. L’uomo entra in incarnazione senza alcun ricordo sull’identità o il significato. Questa solitudine scompare gradualmente man mano che fa i suoi contatti con la sua personalità. Scopre coloro che sono congeniali a lui e, alla fine, si raduna attorno a lui quelli che chiama i suoi amici. Dopo la morte non è così, perché l’uomo trova dall’altra parte del velo quelli che conosce e che sono stati collegati con lui nella vita del piano fisico e non è mai solo. E’, anche, consapevole di coloro che sono ancora nei corpi fisici. Può vederli, può sintonizzarsi sulle loro emozioni e sul loro pensiero, perché il cervello fisico, essendo non-esistente, non agisce più come deterrente. Se la gente sapesse, la nascita sarebbe l’esperienza che temerebbero e non la morte, poiché la nascita segreta l’anima nella vera prigione e la morte fisica è il primo passo verso la liberazione.

Felice vita

Francesco Garruba DK

Bibliografia: Trattato sulla magia bianca – Psicologia esoterica – Guarigione esoterica – Discepolato nella New Age

Dama Templare, potenza e illuminazione divina. Giovanna D’Arco.

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Sebbene la cavalleria medievale abbia generalmente escluso le donne dalla maggior parte degli Ordini cavallereschi, la documentazione storica dimostra che le donne erano effettivamente incluse in una partecipazione significativa all’interno dell’Ordine del Tempio di Salomone. Le regolemedievali, che sembrano limitare la partecipazione delle donne,stabilivano un giusto grado di separazione, per assicurare la modestia e il rispetto.

La Regola approvata nel Concilio di Troyes del 1129, ispirata da San Bernardo, rappresenta un documento unico nel medioevo. Per la prima volta si concilia la vita monastica con la cultura della guerra in nome di Dio.

Esistono due versioni della Regola: la prima redatta in latino, lingua ufficiale della burocrazia ecclesiastica, dal chierico Johan Michiel (detta anche regola primitiva), la seconda del 1140, compilata in francese per gli illetterati. L’accesso all’Ordine era consentito anche ai non nobili e ai cavalieri secolari, ma l’accesso alle donne era impedito. La Regola distingue i cavalieri in cavalieri professi (ad vitam) e temporali (ad terminum). La regola dell’ordine del Tempio assunse un atteggiamento monastico tradizionale nei confronti delle donne, essendo fortemente antifemminile nel tono e vedendo le donne contaminare i fratelli. Tuttavia, i fratelli avevano un atteggiamento più laico nei confronti delle donne. Erano disposti a lasciare il posto alle pressioni dei loro mecenati laici e ad ammettere alle donne la piena appartenenza all’ordine, anche, in un caso, di accettare la responsabilità di un convento.

Le prove indicano anche che, come i cavalieri del mondo, erano inclini a romanticizzare le donne, e sembrano aver preferito i culti delle sante al sesso maschile. Erano, tuttavia, come era normale nella loro società e classe, troppo pronti sessualmente per sfruttare le donne comuni. Ciò fu apparentemente accettato dagli estranei, poiché mentre i Templari furono criticati per orgoglio e avidità, non furono accusati di mancanza di castità. Fino alle accuse rivolte contro l’ordine nel 1307, i fratelli sfuggirono anche alle accuse di omosessualità accennate a più tradizionali ordini monastici da parte di un clero secolare come Giovanni di Salisbury.

Le donne erano considerate innatamente malvagie e responsabili, sia della prima caduta dell’uomo sia della caduta della grazia di molti uomini da allora. Pertanto, molti scrittori religiosi maschi del dodicesimo secolo credevano che non dovessero essere ammessi in ordini religiosi. Questo era il punto di vista ufficiale.

Durante il dodicesimo e il tredicesimo secolo, questo tipo di antifemminismo ha registrato il più alto livello ufficiale nelle regole degli ordini. Dovremmo anche notare che questo antifemminismo si estendeva solo alle donne normali, peccatori. Le donne sante, in particolare la Madre di Dio, erano venerate e tenute in tutto l’amore e la stima che la linea ufficiale degli ordini negava alle donne comuni.

Alcuni testi menzionano l’ammissione di donne non come consuetudine ma come eccezione. Successivamente una disposizione alla Regola, aggiunta verso il 1300 d.C, consentiva ai cavalieri di ricevere servizi di supporto dalle donne ogni volta che veniva concessa un’autorizzazione. Manoscritti conservati dall’ordine Teutonico provano anche che nel 1305 d.C, l’Ordine Templare acquistò dei monasteri femminili. Sulla base di questi fatti tratti da documentazione storica, l’Ordine riconosce tradizionalmente le donne come uguali, ma venerabilmente diverse dalle loro controparti maschili, che servono in equilibrio e armonia come fratelli e sorelle templari.

Tra i protocolli della cavalleria medievale e le relative regole sui titoli, gli Ordini cavallereschi non usavano mai la stessa parola per uomini e donne di eguale status, e non usavano mai parole militarizzate maschili come titoli per donne della stessa posizione. Questa usanza è profondamente radicata nella lingua francese (poiché la cultura francese ha grandemente influenzato le tradizioni cavalleresche), in cui certe parole sono esclusivamente maschili o femminili come materia della grammatica di base.

Le donne erano considerate uguali, ma venerabilmente diverse, enfatizzando le qualità femminili uniche che erano considerate colonne essenziali delle istituzioni storiche e della stessa civiltà. Di conseguenza, le donne con pari leadership, influenza e partecipazione hanno ricevuto titoli alternativi e equivalenti degni delle loro venerate qualità femminili. Il titolo di Dame, che una donna detiene di per sé, guadagnata con il proprio merito, non dovrebbe mai essere confuso con Lady, che viene usata solo dalla moglie di un Cavaliere. Il prefisso Lady è semplicemente un titolo di cortesia ottenuto solo dal matrimonio e può essere perso con il divorzio, o perso se una vedova si risposa.

Ogni donna con lo stesso status cavalleresco di un Cavaliere deve essere rispettata usando il titolo storico appropriato di “Dame”.

Ci sono molti precedenti storici per le donne armate nella cultura cavalleresca, incluse le donne che partecipano attivamente a ordini cavallereschi prevalentemente maschili.

Durante i tempi antichi, sia in Gran Bretagna e sia in Francia, le donne della civiltà celtica erano regolarmente conosciute per essere grandi guerrieri e talvolta comandanti militari o capi di interi eserciti.

La più famosa delle antiche comandanti militari femminili era la Regina guerriera celtica Boudicca, che comandava un esercito basato sulle sue abilità e autorità come Druida Somma Sacerdotessa.

Giovanna d’Arco è stata la personificazione per antonomasia di quell’antica pratica della regina Boudicca, che si è manifestata nel famoso personaggio del monaco guerriero dei Cavalieri Templari, che ha conservato il più antico sacerdozio di Salomone. Giovanissima, sempre devota e con perseveranza nella diretta comunione divina, era veramente qualificata come una Somma Sacerdotessa, secondo antiche tradizioni che furono comprese, preservate e continuate dall’Ordine dei Templari. Attraverso la preghiera e la meditazione costanti, ha sperimentato visioni di Dio e visite di Santi e Angeli, ricevendo profezie sorprendentemente accurate di eventi del prossimo futuro che si sono sempre dimostrati veri.

Giovanna d’Arco non era l’unica cavaliere. Dal dodicesimo al quindicesimo secolo, le donne dell’aristocrazia francese, scozzese, spagnola e italiana presero le armi per difendere il loro castello o il loro lignaggio. Questa partecipazione delle donne in guerra è in effetti legata a circostanze straordinarie, prigionia o morte del marito e non è una regola, ma non è sempre considerata uno scandalo, purché ovviamente la donna stia combattendo per il buona causa

Durante il dodicesimo secolo, l’Ordine Teutonico (derivato dai Templari) accettò le donne come Consorores, Sorelle, che indossavano la sua abitudine cavalleresca e vivevano secondo la sua Regola. Queste suore erano in servizio attivo di funzioni ospedaliere, ma non in attività militari, e più conventi si formavano sotto ordini militari maschili.

Sempre nel dodicesimo secolo, l’Ordine di San Giovanni (Malta), le donne hanno ricevuto il titolo di Soeurs Hospitalières, Sorelle ospitaliere, e alla priora di un convento era stato dato il titolo di Commendatrix.

L’Ordine della Scure fu creato dal Conte di Barcellona nel 1149 d.C, per le donne di Tortosa in Aragona, che difesero e liberarono la città quando gli uomini in battaglia non riuscirono a trovare soldati di rinforzo. Le donne furono tutte dame ereditarie dell’Ordine cavalleresco, e da allora in poi furono trattate come cavalieri militari femminili.

Il primo uso del titolo Militissa come cavaliere femminile, fu l’Ordine della Gloriosa Santa Maria, fondato a Bologna, in Italia, nel 1233 d.C. e approvato dal Vaticano nel 1261 d.C., finché fu soppresso da un successivo Papa nel 1558 d.C.

In Francia, altri ordini cavallereschi di donne furono fondati nel 1441 d.C. e nel 1451 d.C., concedendo il titolo francese Chevalière, forma femminile di Chevalier, o il titolo latino Equitissa.

La cultura cavalleresca del Medioevo sviluppò un tema noto come Les Neuf Preuses, Le nove donne degne. I Preusi erano presentati come una fila di statue o ritratti incisi, raffiguranti serie variamente selezionate di nove donne ispiratrici, da liste differenti secondo la cultura popolare locale.

I Preusi erano donne che cambiarono la storia, molte di loro attraverso la guerra cavalleresca in battaglia. Il Castello diPierrefonds, vicino a Parigi, presenta una bella fila di nove Preusi (circa 1850 d.C.), tre dei quali, rispettivamente, impugnano una spada, lancia e un martello da battaglia.

Tra le donne più venerate in vari elenchi di Nove Preusi durante il XV secolo c’erano la regina Boudicca, l’alta sacerdotessa guerriera che guidò i Celti in battaglia contro i Romani (circa 60 dC) e molte venerate sante, tra cui Giovanna d’Arco.

Diversi precedenti per donne nella direzione della Grande Croce (analoga alla Grande Maestria dei Templari) negli Ordini cavallereschi del Rinascimento si trovano nell’Ordine di San Giovanni (Malta).

Negli Ordini cavallereschi sotto il Vaticano, tradizionalmente hanno un Ordine di monache di clausura e anche associazioni i cui membri associati sono misti, come nel Sovrano Militare Ordine di Malta (SMOM). Più tardi nel diciannovesimo secolo, per l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, nel 1888 d.C. il Vaticano estese il cavalierato alle donne con il titolo di Dame, mentre tutti gli altri Ordini della Santa Sede erano riservati solo per gli uomini.

Storicamente, le Figlie di Tsion, oltre ad essere un segreto molto ben tenuto, erano costituite dai seguenti tipi di donne: sorelle, madri e spose, persino figlie dei Cavalieri, e qualche volta fidanzate o semplicemente una donna con cui avevano un relazione puramente platonica. Durante la maggior parte della loro storia pubblica ai Cavalieri era proibito sposarsi ed era richiesto il celibato, che non veniva mai applicato seriamente. Man mano che l’Ordine cresceva, a metà del 1100, i Cavalieri seguirono la parvenza del celibato per placare la Chiesa cattolica e per sopravvivere alla sua politica oscurantista. Se l’onnipotente Chiesa non approvava il tuo lavoro, eri in un ordine eretico e venivi bruciato sul rogo.

Apparentemente era un ordine monastico e vivevano in precettiin tutta Europa. Eppure, secondo gli storici ed esperti templari, il primo Gran Maestro, Hugh de Payens era sposato con una misteriosa e bella ereditiera della famiglia Saint Clair, Scottish Sinclair. Tutti i rituali, le pratiche e persino i servizi quotidiani dei Cavalieri Templari sono stati eseguiti in segreto. Questo era molto insolito per gli ordini monastici ed è la fonte di tutto il mistero che circonda i Cavalieri Templari, nonché la fonte della loro condanna.

A causa di tutta la segretezza, furono facilmente accusati di eresia. Senza dubbio erano eretici, specialmente nella loro fede nel Sacro Femminino e nella riverenza per Dio-la-Madre. I Cavalieri dovevano mantenere segreti questi insegnamenti perché sapevano che potevano essere arrestati, torturati e bruciati sul rogo.

Questo naturalmente era il destino finale dei Cavalieri Templari. Il 13 aprile 1307 quei Templari francesi che non erano scivolati attraverso la rete, furono arrestati perché il re di Francia Filippo IV e il suo Papa Clemente V, decisero d’impossessarsi della ricchezza dei templari.

I templari furono torturati, processati e i 54 che rifiutarono di ammettere le menzogne ​​del culto di demoni e di sputare sulla croce, furono bruciati vivi.

Venerdì 13 è stata considerata una giornata orribile, sfortunata all’estremo, a tutti i popoli di discendenza europea. Ciò che è poco noto, è che i Cavalieri hanno assunto delle partner femminili per aiutare a bilanciare il loro lavoro, per aiutare nelle loro pratiche esoteriche segrete che comportavano anche riverire la Dea. Queste donne, fidanzate, figlie, mogli, amanti o – in alcuni casi -prostitute assunte, erano parte integrante della missione templare e fornivano un complemento necessario agli sforzi di ogni iniziato maschile.

Le Figlie di Tsion erano un ordine segreto di donne che sostenevano il lavoro del presunto celibe cavaliere Templare. Questi uomini e donne erano in anticipo sui tempi: sapevano che l’equilibrio di genere era importante e favoriva i giusti diritti, opere virtuose.

I cavalieri combattevano, fino alla morte, nelle scaramucce e nelle battaglie, mettendo a rischio la loro stessa vita quasi ogni giorno. Eppure sembravano invincibili, non morivano mainonostante le ferite.

Le ferite, anche semplici, di solito portavano alla morte a causa delle infezioni, per questo era abbastanza facile che tutti quelli che vivevano con la spada morissero presto. L’invincibilità segreta dei Templari, era dovuta a questo esercito di donne segrete, che li sostenevano. Preparavano cibo, vestiti e cure. Creavano speciali amuleti e talismani da indossare in battaglia, ripetevano e cantavano potenti mantra ogni volta che gli uomini erano impegnati in combattimento. Fede e magia.

I cavalieri teutonici escludevano le donne dalle loro case, perché rischiavano di addolcire i fratelli, donne o sorelle, vivevano in una casa a parte. L’ordine più noto è quello di Santiago, fondato nel 1171, nella penisola iberica. L’Ordine aveva portato a una regolamentazione più severa per il suo funzionamento, con la separazione degli uomini. C’erano due tipi di sorelle: la prima viveva in clausura in un convento, la seconda, le sorelle secolari, vivevano nelle loro case.

Le sorores non erano monache in senso stretto, dedicavano la loro vita alla preghiera, seguivano il servizio divino ogni giorno e avevano il compito di educare le figlie dei fratelli fino all’età di 15 anni.

C’erano anche le consorores, che risiedevano nella casa e potevano unirsi all’Ordine senza l’obbligo di indossare l’abito. La questione delle donne e il loro ruolo negli ordini è anche legata a quella delle coppie sposate che volevano tornare all’ordine. Anche lì, non era possibile ignorarli, perché era un’opportunità per beneficiare di tutto o parte della loro proprietà.

La Regola del Tempio impose quindi restrizioni sull’ordine di abbigliamento (divieto del colore bianco per l’abito e il mantello) ma anche sullo stile di vita. I fratelli che hanno pronunciato i loro voti e in particolare quello di castità non possono vivere sotto lo stesso tetto con confratelli sposati.

La presenza delle donne è ancora attestata da uno status domestico. Le comunità di fratelli dell’Ospedale e del Tempio avevano uno staff misto al loro servizio, costituendo una familia.

C’erano comunità di suore ospedaliere indipendenti. In questo caso, le sorelle elessero la loro priora o magistra, che amministrò la comunità e riferì al Gran Maestro o al Gran Priore nella cui giurisdizione si trovava la loro casa. Nelle case autonome dell’ordine di Santiago, la situazione è identica. Le suore furono poi gestite da una commandadora o priora, eletta dalla comunità e riconosciuta dal maestro. La priora possedeva il potere senoriale e spirituale di una badessa. In alcuni casi la priora poteva avere autorità sulle due comunità separate di fratelli e sorelle.

I conventi femminili erano solitamente chiusi e per questo, i rapporti esterni erano difficili. L’ordine di Santiago prevedeval’intervento di personaggi maschili, funzionari che rappresentavano la priora e assicuravano nel suo nome le relazioni con il mondo fuori dai confini del convento. Anche il funzionamento interno della casa delle suore richiedeva una presenza maschile. Così, la casa di Sancti Spiritus (ordine di Santiago), di Salamanca, aveva bisogno di un cappellano, un dottore, un sacrestano, un maggiordomo, etc.

Testimonianze evocano una presenza femminile nelle case dei fratelli dell’Ospedale. Questo è il caso nella casa di Hampton (Middlesex) nel 1227. L’inchiesta del 1373, su iniziativa di Papa Gregorio XI, rivela la presenza di tre donne donate per ordine di fratelli, nel priorato di Francia, si trattava di donne anziane (due di 60 anni, una di 76 anni). È possibile che siano entrati in queste case in un momento in cui la loro età avanzata non avrebbe creato problemi. Allo stesso modo non sappiamo quali fossero le condizioni materiali delle 7 donne sposate, vedove e single menzionate nel 1312 nella casa degli Ospitalieri di Clerkenxell, che vivevano in casa e ricevevano pensioni. Forse questo è un nuovo esempio dell’impiego di donne come domestiche in una casa di fratelli, non sorelle che sono membri dell’ordine.

L’autore anonimo del manoscritto di Monaco menziona lo Xenodochium per l’accoglienza delle donne. Le informazioni sono scarse sul personale responsabile dell’assistenza agli ammalati. La presenza di sorelle è attestata. Sono “matrone più grandi, vedove sagge e donne virtuose e religiose”, che sono soprattutto responsabili di bambini abbandonati dalla nascita in ospedale. Le donne ammalate furono accolte fino al 1187.

La presa di Gerusalemme da parte di Saladino, in quella data, costrinse le Suore Ospedaliere a lasciare la Terra Santa per l’Occidente. Lì furono integrati in monasteri di donne già costituite o in case maschili.

Il più antico monastero di Suore Ospedaliere sembra essere quello di Buckland, in Inghilterra, fondato nel 1180 da Enrico II, che vi riunì le suore disperse fino a quel momento in diverse case. Poi arrivarono quelli di Manetin e Praga in Boemia, per iniziativa di Papa Lucio III e di Sigena nel 1188.

A differenza della regola degli Ospitalieri (di Malta) che non nomina mai le sorores, la regola templare, approvata nel 1129 nel Concilio di Troyes, dedica loro un paragrafo: Sorores quidem amplius periculosum est coadunare, quia antiquus hostis femineo consortio complures expulit a recto tramite paradisi. Ideoque, fratres carissimi, ut integritatis flos inter vos semper appareat, hac consuetudine amodo uti non licet (art. 54).

Evidentemente, nel corso dei nove anni che precedettero l’approvazione del loro Ordine, i Templari accettarono fra loro delle sorelle, in un sistema che, secondo altri articoli della regola – e grazie alle varianti di alcuni manoscritti – si può ipotizzare sia quello delle case miste o doppie. Lo si deduce anche dalla versione francese della regola, successiva a quella latina, che traducendo l’art. 54 afferma: Perillouse chose est compaignie de feme, que le deable ancien par compaignie de feme a degeté pluisors dou droit sentier de paradis. Dames por serors de ci en avant ne soient receues en la maison dou Temple; por ices, très chiers freres, de ci en avant ne covient acostumer ceste usance, que flor de chasteé tous tens apparisse entre vos (art. 70).

Non pare quindi che le sorores accolte nel Tempio andassero a vivere in un convento proprio, ben separato dalla domus dei fratres, sia fisicamente e sia giuridicamente. Sembra, invece, che proprio la convivenza con i fratelli sia stata all’origine della decisione di interrompere l’esperimento. Altri Ordini, come ad esempio quello cistercense, cercarono in quel tempo di limitare o anche di chiudere l’accesso ai monasteri da parte delle donne, ma per motivi eminentemente economici. Nel caso dei Templari, la ragione addotta è di tipo spirituale: i cavalieri, che già avevano compiuto una rivoluzione con l’unire due dei tre ordini medievali (i bellatores e gli oratores) in un’unica forma vitae, modificando fortemente ma non interrompendo affatto il loro contatto con il secolo, non si sentirono in grado di estendere alle donne la propria visione del mondo, e le videro di conseguenza più come una minaccia, in particolare al voto di castità, che come un aiuto.

Oltre alla regola, però, che solo accenna a un’usanza da interrompere, ci sono giunte alcune testimonianze di donne che nel sec. XII entrarono nel Tempio per condividerne la vita spirituale, professando povertà, castità e obbedienza.

Alla fine del sec. XII in Catalogna era attiva una casa doppia, a Rourrel, dove nel 1198 i fratres e le sorores obbedivano ad una donna, la praeceptrix Ermengarda d’Oluja. Tra la fine del sec. XIII e gli inizi del sec. XIV compaiono invece alcuni monasteri femminili: è il caso probabilmente di quello presente nella domus templare di S. Iacopo in Campo Corbolini a Firenze e, senz’altro, dell’intero monastero delle moniales cistercensi di Mühlen, nella diocesi di Worms, che passarono in blocco ai Templari di cui professavano la regola ancora nel 1324, ben dodici anni dopo la soppressione dell’Ordine.

A monasteri doppi o misti sembra invece da ricondursi la deposizione scritta nel 1309, durante i processi all’Ordine, dal templare Ponsard de Gizy. Descrivendo alcune usanze della casa, che spesso trovano conferma nella regola o negli statuti, egli affermò che li maistres qui fesoient freres et suers du Temple, aus dites suers fesoient promestre obedience, chastee, vivres sans propre, ma, una volta entrate, le sverginavano e ne avevano figli che diventavano a loro volta templari.

L’attività assistenziale, invece, non era compresa nella vocazione templare, a differenza, come si accennava, degli altri grandi Ordini militari, Ospitalieri e teutonici, in cui la presenza femminile era legata fin dall’origine, anche se non esclusivamente, all’assistenza di pellegrini e di ammalati. E infatti, nei rari casi di ospizi templari, subito si ritrovano le donne: a S. Michele di Leme in Istria e a S. Egidio della Misericordia a Piacenza, due luoghi di ricovero gestiti dai Templari all’inizio del sec. XIV, operavano delle converse.

Malgrado le poche notizie che si hanno finora sulle sorelle templari, possiamo quindi pensare che le adesioni religiose femminili al Tempio, pur complessivamente meno numerose e comunque non auspicate dalle autorità centrali dell’Ordine, fossero tendenzialmente contemplative.

L’esempio di Giovanna D’arco, evidenzia che le donne sonougualmente importanti e sono onorate per le loro qualità uniche, incarnando il principio del volto femminile di Dio, o l‘aspetto divino femminile. Le donne non dovrebbero sopprimere la loro sacra natura femminile e non dovrebbero cercare rispetto trasformandosi in uomini.

Il principio divino femminile non può essere rispettato sopprimendolo, solo per essere sostituito con l’aspetto maschile controbilanciante. Onorare il divino femminile richiede necessariamente il riconoscimento e la celebrazione che è, in effetti, femminile e proibisce che sia camuffato e costretto a essere accettato solo attraverso la conformità con il principio maschile.

La più antica saggezza sacra dell’alchimia spirituale non è mai stata quella di trasformare tutte le energie femminili in maschili, ma piuttosto di combinare polarità maschili e femminili distintamente uniche di energia esoterica in un equilibrio equo, come l’unico modo per raggiungere la potenza e l’illuminazione divina.

Giovanna d’Arco ottenne il comando su un esercito non negando la sua femminilità, ma concentrandosi sulle uniche differenze e contributi del suo vero potere femminile. C’erano già molti generali maschi capaci di implacabile aggressione e strategia astuta, ma nessuno che avesse il vantaggio dell’intuizione femminile radicato nella comunione divina, una prospettiva femminile alternativa necessaria per gettare nuova luce su vecchie strategie militari e una qualità emotiva tipicamente femminile che potesse ispirare così profondamente i cuori di tutti i soldati al coraggio più straordinario.

Giovanna d’Arco non si trasformò in un “uomo”, ma nobilmente guidò un esercito come una vera donna. La documentazione storica dimostra che indossava abiti da uomo e portava i capelli corti solo come abbigliamento da combattimento pratico, come misura difensiva per scoraggiare e prevenire le molestie e per nascondere la sua identità in territorio nemico – ma mai per sopprimere o negare la sua femminilità.

Al contrario, non ha sconfitto i nemici affermando la presunta indipendenza per respingere e sostituire gli uomini come non necessari, ma piuttosto ha applicato le sue qualità unicamente femminili per condurre un esercito di uomini, combattendo insieme in egual equilibrio. In tal modo ha combinato coscientemente la differenza uomo-donna in una potente miscela di perfezione, incarnando direttamente gli antichi segreti dell’alchimia spirituale dei Templari, come il principio esoterico fondamentale del Santo Graal stesso.

Giovanna d’Arco era un vero templare ed era venerato e onorato come una dama templare, diventando una famosa leggenda a tutti gli effetti, di uguale o addirittura maggiore fama di qualsiasi cavaliere arturiano o templare. In effetti, fu addirittura canonizzata come santa, un onore che non fu mai dato alla figura storica che in seguito divenne popolare come il letterario Re Artù (il principe Arthur Aidan del VI secolo), né a nessuno dei Templari Gran Maestri, non anche il martire Jacques de Molay. Così, Santa Giovanna rappresenta la pura manifestazione del potere illimitato di essere autenticamente una dama templare.

Con riverente dedizione a questa più illuminata comprensione del principio femminile nella cavalleria, l’Ordine del Tempio di Salomone riconosce tutte le Dame come pienamente uguali, ma venerabilmente diverse dal, loro controparte maschile Cavalieri, che servono in equilibrio e armonia come Templari.

Uomini e donne servono insieme come Fratelli e Sorelle nella famiglia Templare, distinti solo dalle rispettive forme grammaticali dei loro titoli ufficiali di cavalleria e nobiltà nell’Ordine.

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Se ascolto il mio silenzio, posso sentire il suo respiro, il battito del suo cuore.

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Tu, uomo, alla continua ricerca di demoni. Come se gli unici beni, da te riconosciuti, ricadono in ciò che è vile materia, su ciò che eterno non è, perché creato dalla proiezione volgare di un Dio minore. Ascolta, non trasmette ciò che è eterno. Tu, uomo effimero, nel tempo inesistente rovisti nella tua anima, per avvicinare il tuo pensiero all’Essenza prima. La mano dell’uomo è la tua forza creativa, la tua difesa al rumore mercanteggiante del silenzio. Apparente la parola traccia un solco indelebile sul cuore lussurioso. Il limite umano, uomo, è la poca concentrazione e il respiro d’amore esala. Noi siamo eterni, perché imbevuti dell’Essenza prima cui l’amore divino è linfa vitale. Nulla si avvolge e nulla si computa, come può il cerchio implodere in un punto infinito? il flusso inscena la vita in un applauso cadente d’amore, il circolo senza fine, tornado di luce, vortice d’amore infinito. Ecco l’essere inebriato di divino. Ecco l’essere che cade nella terra, nella materia per poi liberarsi?

Ho compreso maestro le tue parole. La forma dell’amore divino è indissolubile. Io consacrato all’amore divino caddi e risalii. E se questa mia caduta fosse sterile, non odo che parole avvinghiate alla mia vita e nel tempo sono abbandonato, smarrito.  Ma io so di essere uomo a immagine di Dio e volgerò il suo sguardo…

NESSUN UOMO RIVOLGA LO SGUARDO A DIO, NESSUN UOMO DORMA ALLA SUA VEGLIA. Sofferenza! E’ quello che potrai sentire questa notte, per tutte le notti, finché la Luce infinita veemente ondeggi. La vita è un balzare di emozioni sovrane, di respiri annegati nell’amore, che poi finite per ascoltare, adorni di speranze, con sospiri e lacrime. Vedi, uomo, si può amare nel silenzio, nelle tenebre della notte. Avete tanto da imparare, lo comprendiamo notte dopo notte. Non avete forza per contenere il grande arcano che è l’amore, ma avete volontà per amare la piccolezza di voi stessi. Uomo, non serve portare livore e odio. Occorre far nascere il desiderio del perdono. Solo così potrete ricevere l’amore divino. Non credere che tu sia figlio delle stelle, o di un Dio minore, tu sei ciò che nell’espressione della vita, è un atto di amore divino.  Fratello di amore divino, volgi una preghiera, medita. Il pensiero è la vibrazione umana della creazione. E’ la forza divina dell’uomo creatore, della sua stessa esistenza.

L’Essere divino esiste? non lo so più maestro. Ma se ascolto il mio silenzio, posso sentire il suo respiro, il battito del suo cuore, allora –  Maestro – comprendo che l’Essere divino esiste.

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